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Ambiente: dall'amianto all'acciaio, ecco l'Italia bonificata

22 gennaio 2016 | 15.00
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CASALE MONFERRATO,  - FOTOGRAMMA
CASALE MONFERRATO, - FOTOGRAMMA

Nell'Italia da bonificare, tra ritardi e intoppi, ci sono anche operazioni andate a buon fine grazie all'impegno e alla buona volontà da parte del pubblico e del privato. Primo fra tutti, Casale Monferrato dove è stata portata a compimento una grande operazione di bonifica dello stabilimento ex Eternit, ma non solo: bonificate anche le tettoie delle case dei cittadini in un'area in cui, per ovvi motivi, l'amianto è stato a lungo e ampiamente utilizzato dai privati.

La lotta all'amianto, a Casale Monferrato, è iniziata nel 2000 e si è conclusa nel 2006 con la rimozione di 1.500 metri cubi di cumuli di amianto, inviati a discarica; 54mila mq di superfici rimosse tra lastre di copertura, tamponamenti esterni, controsoffitti, pannelli; 160mila metri cubi di volumi demoliti e 15 metri cubi di lastre smaltiti nelle vasche sotterranee del fabbricato.

Nel 1995 l'amministrazione comunale decise di acquistare l'ex insediamento produttivo, che era il più grande d’Europa, ormai in stato di abbandono, per avviare gli interventi di bonifica e smaltimento dell'amianto allo stato friabile, abbandonato all'interno dello stabilimento, e dei manufatti in cemento-amianto. Risultato? Sull'area dove sorgeva la fabbrica Eternit, si lavora per realizzare un parco simbolo per la città, il Parco Eternot.

Forte impulso alla bonifica può arrivare anche se a scendere in campo è l'industria, come dimostrano i casi di Porto Torres e Crescentino. Partiamo dal sito sardo dove il progetto di chimica verde è partito dalla riconversione del petrolchimico: smantellato e bonificato, il suo posto lo occupa ora la bioraffineria, nata dal Protocollo di intesa per la chimica verde siglato nel 2011 tra governo, enti locali, sindacati, Novamont ed Eni Versalis con l’obiettivo di riqualificare il sito industriale e avviare con Matrìca (joint venture Versalis- Novamont) una nuova pagina della green economy.

Un caso che si può associare a quello di Crescentino, in provincia di Vercelli, dove sull’ex area Teksid , smantellata, oggi sorge la bioraffineria per la produzione di biocarburanti di seconda generazione Mossi e Ghisolfi che produce bioetanolo di seconda generazione, ottenuto da biomasse non alimentari, prodotto non da mais o grano, ma da residui agricoli o colture marginali non destinate al consumo.

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