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Esercito: missioni estero, militari italiani studiano arabo, serbo-croato e urdu

28 settembre 2015 | 18.09
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(Infophoto)
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Arabo, macedone, serbo-croato e urdu per militari sempre più impegnati all'estero: con il moltiplicarsi delle missioni di peacekeeping oltreconfine, nasce l’esigenza di studiare anche lingue meno tradizionali. Ed è così che le lingue cosiddette 'rare' si affiancano a quelle tradizionali, insegnate presso la Scuola Lingue Estere dell’Esercito (SLEE) di Perugia.

“L’Italia è presente dal punto di vista diplomatico e militare in molti Paesi. La scuola risponde alle esigenze della forza armata, quindi a tutte quelle che sono le necessità di conoscenza di una lingua e di una cultura diversa vengono assolte da questa scuola”, spiega all'Adnkronos il comandante dell’Istituto di formazione, generale Antonio Badalucco.

Sono diverse migliaia i frequentatori della scuola, compresi gli studenti che frequentano i corsi in e-learning, iscritti ai corsi di tutte le lingue, da quelle tradizionali come l’inglese o il francese a quelle che possono sembrare più lontane dalla nostra cultura. “Per quanto riguarda le forze armate italiane e l’Esercito in particolare, l’inglese è scontato – continua l’ufficiale - Iniziamo a studiarlo fin dalle scuole di base. Per quanto invece riguarda le altre lingue, dipende dall'impiego all'estero che il nostro Paese chiede alle forze armate”.

Quindi, se “il nostro contingente è in Afghanistan i militari prima di partire studieranno la lingua locale per ottimizzare la comunicazione con la gente del posto”, sottolinea spiegando che l’insegnamento di queste lingue “per la scuola non è nuovo ma è attivo da quando esistono le nostre rappresentanze diplomatico-militari all’estero”.

Nonostante in questo momento la conoscenza dell’arabo sia particolarmente richiesta per il fenomeno migratorio che arriva dal Mediterraneo, “il trend delle richieste è stabile negli ultimi cinque o sei anni. Abbiamo sempre preparato il nostro personale a rispondere all’esigenza del momento”, sottolinea il generale Badalucco.

“La scuola – rileva - è ben inserita nel tessuto sociale della città di Perugia, dove è forte la presenza di studenti stranieri, per cui troviamo che questo istituto di formazione in questa sede abbia il massimo della possibilità di svilupparsi e soprattutto di sfruttare quelle che sono le sue capacità a favore del nostro Esercito e del nostro Paese”.

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