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Damasco si appella a Unesco e all'Europa: "Stop a traffico reperti" /Video

02 novembre 2016 | 17.36
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(Xinhua)
(Xinhua)

Damasco si appella all'Unesco e all'Europa per salvare beni archeologici che sono "patrimonio dell'umanità intera" e punta il dito contro la Turchia, indicata non solo come "porta d'accesso per i terroristi in Siria'' ma anche come "la strada più facile per far uscire dal paese reperti pregiati''. Reperti che, secondo il governo siriano, Daesh fa transitare su una rotta che passa ''da Dubai'' e "Francoforte'' per poi venderli sul mercato nero per autofinanziarsi.

A lanciare l'allarme attraverso Aki - Adnkronos International è il direttore generale del ministero dei Beni culturali e del Turismo siriano con delega alla salvaguardia del patrimonio archeologico, Faisal Najati, a capo della prima delegazione di Damasco in visita ufficiale in Italia dallo scoppio del conflitto nel marzo del 2011. La delegazione, ospite della onlus Solid, con la quale il governo siriano sta portando avanti il progetto "I belong to" per finanziare il restauro di Palmira, ha chiesto di venire in visita all'Adnkronos per sollecitare la comunità internazionale e la Ue su questo fronte.

Focalizzandosi sulla questione della tutela del patrimonio culturale e storico, di cui ha competenza, Najati ha lodato il ruolo dell'Italia, da sempre pronta a collaborare con la Siria per la salvaguardia del suo patrimonio storico e culturale. Ultimo intervento in questo ambito, l'invito alla delegazione siriana alla XIX edizione della Borsa mediterranea del turismo archeologico, quest'anno dedicata a Palmira, sito archeologico patrimonio dell'Unesco devastato dai miliziani del sedicente Stato Islamico (Is) e dai bombardamenti.

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''La Siria e Palmira hanno bisogno di collaborare con tutti - ha fatto appello Najati - Ma il problema oggi è che la maggior parte dei siti in Siria è fuori controllo, soprattutto quelli nella zona nordorientale dove ci sono molte testimonianze di sumeri, babilonesi, della Mesopotamia''. Ricordando che nel 2010 in Siria c'erano 14 missioni archeologiche italiane e menzionando il particolare la scoperta di Ebla fatta dalla spedizione guidata da Paolo Matthiae nel 1975, il viceministro ha manifestato il ''grande interesse'' di Damasco a collaborare con Roma per ''salvare il patrimonio culturale siriano, che per i terroristi non sono altro che pietre. Il loro interesse è sapere solo a quanto lo possono vendere''.

Di qui la denuncia di scavi clandestini e di reperti difficili da recuperare in quanto non catalogati nei musei. ''Speriamo che le forze siriane riprendano il controllo di tutto il territorio - ha aggiunto - Oggi i nostri confini con l'Iran, la Turchia e la Giordania non sono sicuri, non sono controllati. E' facile far passare persone e mezzi''.

Lode, invece, al Libano, le cui ''autorità sono riuscite a fermare alcuni contrabbandieri e a ridarci reperti trafugati''. ''Violare un sito archeologico, distruggere reperti che hanno scritto la storia dell'umanità significa cancellare la storia, modificarla'', ha concluso.

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