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Danza, l'Olanda in scena all'India e al Teatro Vascello /Foto

29 ottobre 2016 | 16.43
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La compagnia olandese diretta da Jan Martens in 'The dog days are over' in scena al Teatro Vascello, ospiti di Romaeuropa Festival
La compagnia olandese diretta da Jan Martens in 'The dog days are over' in scena al Teatro Vascello, ospiti di Romaeuropa Festival

Romaeuropa Festival sotto il segno della nuova danza olandese. Da mercoledì prossimo sino al 6 novembre al Teatro Vascello 'Olandiamo', il focus realizzato con il sostegno del 'Fonds Podium Kunsten Performing Arts Fund NL' e con il contributo dell’Ambasciata dei Paesi Bassi, dedicato a tre coreografi provenienti dai Paesi Bassi che hanno sviluppato un loro innovativo e personale linguaggio artistico e già riconosciuti come nuovi nomi di punta della scena coreutica internazionale.

Sul palcoscenico dello storico spazio romano l’irruenta energia performativa di Jan Martens con il suo 'The dog days are over' (2 Novembre) e gli esperimenti percettivi di Ann Van Den Broek – Ward/Ward con la sua ode al colore nero 'The black Piece' (5 e 6 Novembre), al Teatro India invece porte aperte al linguaggio irriverente e psichedelico di Nicole Beutler con il suo '3: The Garden 'ispirato al celebre trittico 'The Garden of Earthly Delight di Hyeronimus Boush' (6 Novembre).

In 'The dog days are over' 8 danzatori affrontano la platea attraverso un unico movimento, il salto

Attraverso un’estetica che innerva il linguaggio coreografico all’interno della tradizione della performance, Jan Martens ha conquistato rapidamente l’attenzione di stampa e pubblico, imponendosi nel panorama internazionale come uno dei coreografi più coraggiosi della sua generazione. Un successo dovuto alla sua capacità di mettere costantemente in discussione la natura dell’atto performativo e il ruolo che lo spettatore assume durante la performance.

In 'The dog days are over' otto danzatori affrontano la platea attraverso un unico movimento, il salto. Lo spettacolo si ispira al lavoro di Philippe Halsman, fotografo che divenne famoso negli anni ’50 in America per una serie di fotografie che hanno immortalato star, personalità del jet-set, principi e aristocratici nell'atto di saltare.

Il coreografo olandese, nel suo spettacolo si è chiesto come l'idea del salto, senza più maschere, senza alcun timore, come tensione verso l'alto, potesse essere applicata a un danzatore che, per professione, è abituato a lavorare senza mostrare lo sforzo.

il coreografo olandese cita Lucinda Childs e Anne Teresa De Keersmaeker e attacca la politica

Ma la sapienza compositiva di Jan Martens, capace d’inserire la ripetizione all’interno d’una complessa partitura corporea, emerge nel rapporto che il gruppo di danzatori intesse con lo spazio scenico. Un ipnotico variare di geometrie che crea un clima intimo e struggente. Oltre lo sforzo, il superamento dei limiti e il sudore, oltre il ritmo sonoro prodotto dai corpi, Martens ci invita a esplorare l’intimità di questi otto straordinari protagonisti''.

''Per questo spettacolo mi sono ispirato al linguaggio di Lucinda Childs - ha spiegato il coreografo- alla matematicità nel rapporto tra gesto e spazio, alla ripetizione, ma anche al pensiero coreografico di Anne Teresa De Keersmaeker. Nella coreografia ci sono degli elementi provenienti dallo spettacolo d’intrattenimento, in particolare dal cabaret. Mi piace ibridare la cultura alta con quella popolare e commerciale per creare qualcosa di nuovo''.

Ma 'The dog days are over' si nutre anche di una riflessione politica. La pièce di Jan Martens nasce, infatti, anche da una riflessione riguardo i sempre maggiori tagli alla cultura. In un sistema in cui le sovvenzioni dipendono dal numero di biglietti venduti, la pratica artistica è sempre più spinta a trasformarsi, dunque, in un prodotto commerciale. Una riflessione che si trasforma anche in un atto di denuncia.

'The Black Piece' di den Broek, un salto nel buio per performer e spettatori

Il secondo appuntamento con 'Olandiamo' è letteralmente un salto nel buio. È a luci spente, infatti, che Ann Van den Broek costruisce la sua 'The Black Piece', coreografia premiata nel 2015 con lo ‘Zwaan’ (Swan Award) – prestigioso premio Olandese promosso dalla VSCD (Dutch Association of Theatre and Concert Hall Directors).

Con la sua compagnia WArd/waRD, fondata nel 2000 dopo un’intensa attività come danzatrice, Ann Van Den Broek ha conquistato i palcoscenici dei Paesi Bassi, del Belgio e del resto d’Europa attraverso una scrittura coreografica chiara e accessibile. Movimento, suono, live video e immagine coesistono nella sua produzione artistica che unisce riflessioni concettuali a un’estetica impulsiva.

In 'The Black Piece', coreografia ispirata al libro Black, 'The History of a Color' di Michael Pastoureau, i cinque performer di WArd/waRD danzano in una scena buia. La visione dello spettatore è controllata dalla stessa Van den Broek che illumina frammenti di palcoscenico sezionando azioni e segni scenici. Tutt’intorno il suono di passi, respiri, gemiti e le canzoni appositamente scritte dal cantante Gregory Frateur, disegnano un paesaggio acustico, attraverso il quale l’impercettibile spazio prende forma.

Spettatori al buio in 'The black piece', guidati da fonti di luci e filmati da video maker

Ma in questo gioco di buio e luce, di nero e colore, il ruolo fondamentale è svolto dall’immagine video. Sul palco, il cameraman Bernie van Velzen riprende e proietta le immagini dei danzatori in movimento e degli oggetti sparsi sul palco. ''Il buio totale permette di non percepire più il distacco tra palcoscenico e platea - ha spiegato la coreografa- Invito gli spettatori a condividere con noi questo spazio e creo le condizioni affinché ognuno si senta a proprio agio, senza spavento, senza sentimenti negativi''.

''I danzatori, in 'The black piece' attraversano diversi stati emotivi - ha spiegato ancora Ann van den Broek- agiscono al buio, in alcuni casi sono guidati da fonti di luce e in altri casi ancora sono filmati da un video-maker. Nel buio siamo costretti a costruire nuove modalità di comunicazione, prestare cura ai movimenti, acuire l’attenzione''.

Ultimo appuntamento del focus che Romaeuropa Festival dedica alla nuova danza olandese, '3: The Garden' della coreografa Nicole Beutler, in perogramma nello spazio del Teatro India . Una riflessione psichedelica sul rapporto tra natura e cultura. Ispirato alle opere dei filosofi naturalistici della scuola pre-socratica, alla Bibbia, alle riflessioni dei Romantici e al trittico 'The Garden of Earthly Delight' di Hyeronimus Bosch, il 'giardino' della Beutler è un Eden all’interno del quale si sviluppa una storia surreale dell’uomo.

Il 'giardino' di Nicole Beutler strizza l'occhio all'opera pittorica di Bosch

A partire dal nulla cosmico, la scena acquisisce gradualmente forma in un susseguirsi di evoluzioni caledoiscopiche ammalianti nel 'Giardino' di Nicole Beutler e al contempo capaci di strizzare l’occhio a un estetica kitsch, che cita in continuazione l'opera di Bosch. ''La natura rappresenta per noi ciò che è puro, intatto, in contrasto con ciò che ha subito il passaggio dell’uomo, che è stato modificato dalla cultura, che è stato civilizzato per diventare ordinato quindi artificioso - ha spiegato ancora Nicole Beutler - Ma in realtà la natura è anche brutale e questo spesso viene dimenticato, per via di un certo idealismo''.

''Nelle sue forme selvagge e contaminate però la natura conserva sempre delle fondamentali simmetrie alle quali non un solo atomo, non un sono cristallo può sfuggire'', ha spiegato ancora Nicole Beutler.

'3: The Garden' è, infatti, un’ironica presa di posizione sulle nuove forme del ‘viver sano’ per interrogare ulteriormente il confine tra naturale e artificiale. Perché sulla musica creata dal dj e compositore Gary Shepherd e dalla celebre band anti-pop Einstürzende Neubauten, il paradiso di Adamo ed Eva diviene presto un organismo copulante tra amore libero e vita selvaggia.

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