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Decoro e vendita di alcolici, da Firenze a Roma stretta sui minimarket

06 aprile 2016 | 14.55
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(Foto di repertorio - Fotogramma)
(Foto di repertorio - Fotogramma)

Stretta dei Comuni contro l'invasione dei minimarket nei centri storici. Controlli più stringenti, stop alle nuove aperture, regole più rigide per contrastare la vendita facile di alcolici soprattutto ai minori: sono alcune delle misure messe in campo da diversi sindaci contro il proliferare dei negozi di alimentari all'ombra di piazze storiche e monumenti.

A Firenze il primo cittadino Dario Nardella ha annunciato, una manciata di giorni fa, la chiusura di ben 13 minimarket, sottolineando che prosegue "il contrasto alla proliferazione dei negozietti che hanno soppiantato le botteghe storiche, non rispettano i criteri di tutela e valorizzazione del centro storico fiorentino e dispensano alcolici fuori dalle regole". Un'autentica 'guerra' quella ingaggiata dal capoluogo toscano che ha di recente approvato un pacchetto di misure per la tutela e il decoro del patrimonio culturale del centro storico, sorvegliato dall'Unesco.

Tra queste lo stop all'apertura in centro di nuovi minimarket ad eccezione delle attività che rispettano alcune condizioni. Vietato vendere alcolic i dalle 21 alle 6, pubblicizzarli e apporre pannelli luminosi. A Roma si studiano modifiche alle delibera sulla tutela delle attività commerciali e artigianali nel centro storico: il testo, che a giorni arriverà al vaglio dei municipi per un parere, prevede il divieto di nuove aperture per alcuni tipi di attività tra cui, appunto, i minimarket.

"La liberalizzazione ha creato una situazione di deterioramento del tessuto commerciale nei centri storici delle città, la crisi ha fatto il resto - osserva all'Adnkronos il sindaco di Pisa e delegato dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) alle Attività Produttive Marco Filippeschi - Questo deterioramento sta anche nella proliferazione dei minimarket, dove spesso si attinge per un abusivismo notturno legato alla vendita di alcolici e birra, alimentando la movida in città turistiche e universitarie".

"Come sindaci abbiamo cercato di 'mettere delle pezze' con delle ordinanze - spiega Filippeschi - Ma non è possibile che il legislatore non si sia accorto di ciò che sta accadendo nelle città. Senza mettere in discussione la liberalizzazione, che ha origine nelle direttive europee, serve una copertura legislativa che consenta ai sindaci, almeno nelle città con comprovate caratteristiche, di poter agire a tutela del decoro. Qualcosa è previsto nel decreto sulla sicurezza urbana, che aspettiamo venga approvato". Proprio a Pisa sono stati fatti controlli stringenti per il proliferare di minimarket e negozi di kebab, che vendono bevande alcoliche anche oltre la mezzanotte. E, sempre per far fronte ai problemi legati alla movida, anche a Bologna un'ordinanza anti-alcol del sindaco ha vietato, l'estate scorsa, ai negozi di alimentari della zona universitaria di vendere alcolici da asporto freddi.

"Partiamo dal presupposto che il problema non sono i minimarket in sé, imprese che, come tutte le altre, hanno piena dignità di stare sul mercato - sottolinea il presidente della Federazione italiana esercenti pubblici e turistici (Fiepet) Esmeralda Giampaoli - Il problema è che hanno poco dei minimarket mentre il loro 'core business' è proprio la vendita di alcolici".

Vendita di birra e alcolici, spesso sottocosto, di cui approfittano soprattutto i giovani. E ciò "crea tutta una serie di problemi di ordine pubblico e di decoro che si riflettono sui tessuto imprenditoriale della zona", continua Giampaoli.

"Le ordinanze fatte in alcuni Comuni sono un primo passo e le accogliamo perché dimostrano un'attenzione, ma sarebbe meglio rivedere la normativa generale sulla vendita di alcolici - conclude il presidente di Fiepet - Una proposta potrebbe, ad esempio, essere quella di far passare la vendita di alcolici attraverso requisiti professionali ben precisi".

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