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Decreto Pa, il governo frena su docenti e medici. Salta 'quota 96', Renzi: "Ci sarà intervento più ampio"

04 agosto 2014 | 14.21
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Via libera della Commissione Affari Costituzionali del Senato agli emendamenti dell'esecutivo. Saltano lo sblocco di 4mila pensionamenti nella scuola e la soglia di 68 anni per i pensionamenti d'ufficio di professori universitari e primari. Da Sel alla Lega è un coro di critiche. Sì a requisiti di costituzionalità per il decreto legge

(foto Infophoto)
(foto Infophoto)

Frenata del governo sulle pensioni di medici, docenti universitari e insegnanti scolastici toccati dalla cosiddetta 'quota 96'. La commissione Affari costituzionali del Senato ha dato il via libera a quattro emendamenti soppressivi del governo che cancellano tre punti roventi del dl Pa: il tetto dei 68 anni per il pensionamento d'ufficio dei professori universitari e dei primari (costo un centinaio di milioni); la 'quota 96' (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni di età e 36 di contributi) che mandava in pensione oltre 4mila insegnanti (costo nel solo 2014 di circa 50 mln, quasi 400 mln tra il 2014 e il 2018) e, terzo, salta lo stop alle penalizzazioni per chi si ritira dal lavoro a 62 anni. In Aula il voto è atteso per martedì.

In serata si apprende che per il premier Matteo Renzi è stato giusto togliere la norma sulla 'quota 96' dal decreto Pa perché non c'entrava nulla con la ratio della riforma. Renzi avrebbe intenzione di presentare un intervento sulla scuola per fine agosto, che coprirebbe una platea più ampia rispetto ai quattromila che rientravano nella 'quota 96'.

Ma da Sel alla Lega per tutta la giornata è stato un coro di critiche. "Si conferma una grande ingiustizia non consentendo a 4mila lavoratori della scuola di andare in pensione e si impedisce a migliaia di precari la giusta stabilizzazione - commentano in una nota le senatrici Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto-Sel, e Alessia Petraglia, capogruppo Sel in commissione Istruzione - Un danno per i singoli e la scuola tutta perché nonostante 33.380 assunzioni, i posti da coprire per una vera scuola pubblica sono ancora tantissimi".

Di "vergognoso dietrofront da parte del governo sulla vicenda dei pensionamenti degli insegnanti" parlano i parlamentari M5S delle commissioni Cultura di Senato e Camera. "Il motivo è sempre lo stesso: nonostante il Parlamento si fosse espresso a favore di questa norma, ora il governo viene a dirci che i soldi non ci sono - incalzano i Cinque Stelle - Ora a quegli insegnanti che dopo una vita di sacrifici avevano maturato i requisiti per andare in pensione e che poi si sono visti negare questo diritto, il ministro Madia deve andare a spiegare come mai le risorse per continuare a pagare stipendi e pensioni d'oro ai parlamentari ci sono, mentre per correggere una palese ingiustizia no".

"Lo stop del governo a quota 96 è una vergogna - dice senza mezzi termini Barbara Saltamartini, vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera - La burocrazia sorda e cieca vince sulla politica, svilendo e svillaneggiando il ruolo del Parlamento". "Così facendo - spiega Saltamartini - si sta perpetrando un'ingiustizia, causata dalla legge Fornero che, nella sostanza, impedirà per il terzo anno consecutivo a 4mila giovani insegnanti di entrare nel mondo della scuola. Tutto ciò è inaccettabile".

Di "vergogna" e "ingiustizia" parla anche Renata Polverini, deputata di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Lavoro. "Ancora una volta - sottolinea - la burocrazia vince sul buonsenso e i sacrifici maggiori saranno nuovamente sulle spalle dai lavoratori".

All'attacco la Lega. "Quattromila insegnanti, fregati dalla Fornero, sono stati ri-fregati da Renzi - afferma il segretario federale Matteo Salvini - Dovevano andare in pensione, ma il governo non trova i soldi... Altra promessa non mantenuta, altra renzata".

Critici inoltre i sindacati. "Se la riforma Fornero fosse stata discussa con il sindacato - dichiara il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - non ci saremmo trovati di fronte all'ennesimo pasticcio di questi giorni con gli emendamenti presentati dal governo con l'avallo di tutte le forze politiche e poi precipitosamente ritirati dallo stesso governo".

Per Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, ''c'è qualcosa che non va se ogni volta che si interviene per sanare palesi ingiustizie nei confronti dei lavoratori scatta il contrordine. Non è accettabile''. E Antonio Foccillo, segretario confederale Uil, avverte: "Non si può scherzare con la vita delle persone. Si metta fine alla vicenda e si permetta anche ai professori di andare legittimamente in pensione". Mentre per il segretario nazionale dell'Ugl Intesa Funzione Pubblica, Francesco Prudenzano, e il segretario nazionale dell'Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, "con il dietrofront, il governo dimostra inaffidabilità e soprattutto un'approssimazione imbarazzante e a farne le spese sono sempre e solo i più deboli".

Ma critiche arrivano anche dal Pd, con i parlamentari Maria Grazia Rocchi e Giuseppe Civati, che considerano "particolarmente mortificante la frenata su 'quota 96', uno stop inatteso che gela le aspettative di almeno 4000 lavoratori della scuola e sacrifica l'impegno di molti parlamentari del Pd che, da due anni, lavorano per trovare soluzioni per rimediare a un vero e proprio 'errore' della legge Fornero".

Intanto, il Senato ha dato il via libera ai requisiti di necessità e urgenza per il decreto legge di riforma della Pubblica amministrazione. Martedì il governo dovrebbe porre la questione di fiducia, per poi passare all'approvazione del testo che poi dovrebbe tornare alla Camera.

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