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Denatalità, De Curtis (Sip) cita Musk: “L’Italia sta scomparendo”

13 aprile 2023 | 13.26
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In collaborazione con Sip, Società Italiana di Pediatria

Denatalità, De Curtis (Sip) cita Musk: “L’Italia sta scomparendo”

La significativa diminuzione delle nascite, progressivamente aumentata in Italia negli ultimi decenni, rappresenta una delle problematiche più gravi ed urgenti da affrontare. In tempi brevi, infatti, potrebbe mettere in profonda crisi il futuro ed il mantenimento dello stato sociale, motivo per cui deve essere un tema prioritario nell’agenda delle forze politiche e del governo del nostro Paese. Elon Musk, uno dei più noti ed importanti imprenditori del mondo, dopo la pubblicazione degli ultimi dati demografici dell’ISTAT ha recentemente affermato “Italy is disappearing!”. Già lo scorso anno sempre Musk aveva commentato: “Il collasso della popolazione è la maggiore minaccia alla civilizzazione”. In Italia stiamo assistendo a un cambiamento demografico senza precedenti. Si sta accentuando l’invecchiamento della popolazione, causata dall’allungamento della vita media che, secondo gli ultimi dati dell’ISTAT del 2023 relativi al 2022, è per gli uomini di 80,5 anni e per le donne di 84,8 anni. Siamo il Paese più vecchio d’Europa e il secondo del mondo dopo il Giappone. Preoccupante in Italia è il rapporto tra natalità e mortalità: ci sono 7 neonati contro oltre 12 decessi ogni mille abitanti. Il primo gennaio del 2023 la popolazione italiana era pari 58 milioni e 851 mila, ovvero 179 mila persone in meno rispetto al 2022, pari a tre punti in meno. La debolezza demografica dell’Italia si traduce in una debolezza economica e fragilità sociale.

Nonostante l’elevato numero di decessi, avvenuto negli ultimi tre anni con la pandemia Covid-19, all’inizio del 2023 la popolazione ultrasessantacinquenne, che raccoglie 14 milioni 177mila individui, rappresenta il 24,1 % della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente. Invece in diminuzione sono i ragazzi fino a 14 anni di età che scendono da 7 milioni 490mila (12,7%) a 7 milioni 334mila (12,5%).

L’invecchiamento della popolazione è associato ad una grave contrazione delle nascite. Nel 2022 sono nati solo 393 mila bambini, circa 184 mila in meno rispetto all’inizio della crisi economica del 2008 e meno della metà di quelli nati negli anni '60, quando nascevano in Italia più di un milione di bambini ogni anno.

Numerosi e complessi sono i fattori che possono spiegare in Italia la denatalità. La diminuzione del numero delle potenziali mamme e la recente crisi economica sono tra le cause più rilevanti.

Per avere un rimpiazzo generazionale ogni coppia dovrebbe avere in media 2,1 figli. Dagli anni 70 in Italia ogni donna ha meno di 2 figli e dagli anni 80 meno di 1 figlio e mezzo. Nel 2022, secondo l’ISTAT, l’indice di fecondità (numero di bambini avuti per donna in età fertile, per convenzione tra 14 e 49 anni) ha raggiunto valori di 1,24 figli per donna. Questa ridotta fecondità, che perdura da molti decenni, ha diminuito il numero delle potenziali mamme e le numerose donne nate nel cosiddetto boom economico, tra i primi anni 60 e primi anni 70, hanno completato il loro ciclo riproduttivo. Le donne che le stanno sostituendo sono molto meno numerose e, di conseguenza, si prevede nei prossimi anni un’ulteriore diminuzione della natalità, salvo che non vengano introdotte adeguate politiche in difesa della famiglia come è avvenuto in altri Paesi europei. Il fenomeno della denatalità è molto più accentuato in Italia rispetto ad altri paesi avanzati.

Crisi economica

L’altro importante fattore che ha giocato un ruolo rilevante negli ultimi anni nel determinare la diminuzione delle nascite è stata la crisi economica che, iniziata nel 2007 negli Stati Uniti, si è rapidamente diffusa in tutto il mondo. In Italia ha causato gravi conseguenze nel mercato del lavoro, un significativo aumento della disoccupazione giovanile e della povertà assoluta. Come diretto effetto delle difficoltà economiche, di lavori sempre più spesso precari che non possono garantire la sicurezza di un reddito definito, si è verificato tra le giovani coppie un rinvio della scelta di avere un primo figlio e spesso anche una rinuncia. La recente pandemia Covid-19 ha determinato significativi effetti demografici e sociali: aumento della mortalità, diminuzione della fecondità, rinvio dei matrimoni, riduzione dei movimenti migratori internazionali. In passato eventi drammatici che avevano causato un aumento della mortalità come la Prima guerra mondiale e l’epidemia della Spagnola hanno causato nel breve periodo un calo delle nascite seguito poi da un recupero negli anni seguenti (3). Oggi la situazione è completamente differente perché in gran parte del mondo le coppie controllano la propria riproduzione e gli effetti di una crisi sono meno violenti che in passato.

Tra i fattori che favoriscono la denatalità bisogna ricordare: la debolezza economica delle famiglie, l’insicurezza del reddito, la bassa partecipazione delle famiglie al mercato del lavoro, la mancanza di politiche di conciliazione su orari flessibili, la durata eccessiva della dipendenza dei figli dai genitori, la loro tardiva entrata nel mondo del lavoro, il ridotto tasso di occupazione delle donne, la scarsa disponibilità dei servizi per i bambini con meno di tre anni, il rinvio nell’assunzione di responsabilità familiari come la convivenza, il matrimonio e la genitorialità. Molti di questi fattori sono tra loro strettamente collegati e bisognerebbe perciò agire congiuntamente su questi.

Aumento dell’età delle donne al parto e dell’infertilità

Un altro fattore non trascurabile che contribuisce alla denatalità è legato a fattori culturali e a specifiche scelte di donne inserite nel mondo del lavoro. Per la realizzazione di progetti e aspettative viene spesso rinviata, e talora per sempre, l’età della procreazione. È di molto aumentato il numero delle donne senza figli, circa un quarto delle donne nate negli anni '80 non ha figli. Si è assistito ad un aumento progressivo dell’età delle donne al parto, che oggi hanno mediamente 32,4 anni. Oggi ben il 9% delle nascite avviene in donne con più di 40 anni. Per la progressiva riduzione delle capacità riproduttive, che si verifica con l’aumento dell’età sopra i 35 anni, è aumentato nei Paesi ad alto reddito il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita. I bambini venuti al mondo con queste tecniche rappresentano circa il 3% di tutti i nati. Va però tenuto presente che, durante la recente pandemia da Covid-19, molte di queste tecniche sono state sospese o cancellate e la più recente riapertura dei centri non ha consentito di recuperare tutti i cicli perduti.

L’uomo ha la capacità di produrre spermatozoi durante tutta la vita, ma il loro numero, la concentrazione e la qualità peggiorano dopo i 40 anni con un aumento delle anomalie di origine genetica. Si stima che in Italia circa il 15% delle coppie sia infertile. L’infertilità può dipendere in ugual misura dalla donna e dall'uomo. Tra le cause ci sono spesso patologie prevenibili e comunque facilmente curabili se affrontate tempestivamente. L’informazione è quindi il cardine della prevenzione primaria. Una causa frequente di infertilità, sia maschile che femminile, è rappresentata dalle infezioni sessualmente trasmesse. Nel corso degli ultimi anni si è registrato un incremento delle patologie acute e croniche della sfera riproduttiva. Tra le donne sono aumentate alterazioni tubariche, malattie infiammatorie pelviche, fibromi uterini, endometriosi, alterazioni ormonali e ovulatorie. Tra gli uomini sono aumentate, invece, le condizioni che alterano la produzione ormonale, riducono il testosterone e modificano la struttura e la funzione del testicolo, come varicocele, criptorchidismo, malformazioni genitali, infiammazioni testicolari, patologie prostatiche.

Nati da genitori stranieri

La popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023, pari a 5 milioni e 50mila unità, pur rappresentando solo l’8,6% della popolazione, contribuisce notevolmente a sostenere la natalità nel nostro Paese. Nel 2021 i bambini nati da entrambi genitori stranieri sono stati 60 mila (14,5% di tutti i nati). Il numero è ancora maggiore tenendo presente i nati da un solo cittadino straniero (21,8% del totale). Secondo i demografi sarà fondamentale nei prossimi anni il contributo degli immigrati all’economia del nostro Paese. Senza gli immigrati la nostra piramide demografica diventerebbe ancora più squilibrata e caratterizzata da un aumento degli anziani che non lavorano più e da un numero sempre più ridotto di giovani.

Possibili interventi

La natalità nei paesi avanzati è l’indicatore più sensibile delle prospettive future. Chi desidera avere un figlio più facilmente realizza tale scelta nelle nazioni nelle quali sono presenti aspettative positive e di fiducia. Dove invece le famiglie si sentono sole ed esistono problematiche economiche e sociali si riducono le scelte di avere un figlio e si accentua il deficit demografico. Gli italiani desiderano più figli di quelli che realmente riescono ad avere e il divario tra fecondità realizzata e quella desiderata è tra i più alti d’Europa. Se è opportuno introdurre politiche sociali in condizioni di normalità, deve esserlo maggiormente in condizioni di criticità come in quelle in cui viviamo. Anche se non esistono ricette miracolose, gli interventi possibili per migliorare la natalità dovrebbero comprendere una serie di politiche fiscali in favore delle famiglie con figli, provvedimenti per aiutare il lavoro di genitori e soprattutto favorire le possibilità per le donne di conciliare il lavoro con la famiglia e di poter disporre, a bassi costi, di servizi per l’infanzia. L’esperienza di altri paesi come la Francia e la Svezia indica che dove è maggiore l’occupazione femminile più è elevato l’indice di fecondità.

La quota di spesa sociale per la famiglia e i giovani va incrementata. Un aiuto alle giovani coppie non va visto solo come un dovere sociale, ma anche come un investimento strategico per ridare impulso alla piramide demografica e riattivare la speranza e il desiderio di ripartenza che è alla base dello sviluppo del nostro paese. Guardando a quello che è successo in altri paesi occidentali va tenuto presente che le politiche familiari sono costose, non hanno un immediato impatto sul consenso politico ed hanno effetti solo a lungo termine, quando i nati di oggi saranno i genitori di domani. Gli interventi approvati dagli ultimi governi (come il Family Act e nell’ultima legge di bilancio un assegno universale per i figli e misure a sostegno delle famiglie) rappresentano senza dubbio un utile provvedimento che può aiutare molte giovani coppie a realizzare il desiderio di avere più bambini.

Un altro importante fattore che potrà incrementare la natalità nel nostro Paese è una legge sull’immigrazione ben regolamentata e condivisa dalle forze politiche perché l’immigrazione rappresenta oggi, si voglia o no, l’unica soluzione per aumentare significativamente la natalità, il numero di persone giovani, la forza lavoro, la produttività e la crescita economica. La legge Turco-Napolitano approvata quando i migranti erano in un numero limitato non è più adeguata. Un esempio di come l’immigrazione, associata ad un solido piano di potenziamento delle politiche familiari, possa favorire la natalità si è osservato in Germania che è stata in grado di invertire la dinamica negativa delle nascite, portandole dal minimo di 663mila del 2011 a circa 790mila nel 2020. Nello stesso periodo la popolazione è passata da 80 a 83 milioni di abitanti tra il 2011 e il 2021, mentre in Italia nello stesso periodo è passata da 60 a 59 milioni di persone. La Germania ha attratto lavoratori e migranti qualificati, insieme alle loro famiglie, con un picco durante la crisi dei rifugiati siriani nel 2015 ed oggi è in prima linea per i rifugiati dall’Ucraina. Con questa strategia ha concesso permessi per lavoratrici e lavoratori rispondendo anche alle esigenze immediate del mercato del lavoro. In Italia l’organizzazione sociale rischia di non essere non più sostenibile in un prossimo futuro se la politica non torna a pensare ad una ripresa delle nascite ed i fondi previsti dal Next Generation EU rappresentano un’occasione unica, e forse irrepetibile, per dare un maggior aiuto ai giovani e alle famiglie. (di Mario De Curtis)

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