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Lirica: Krief, a Caracalla la mia 'Turandot' senza il finale postumo

13 luglio 2015 | 16.58
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Una scena della 'Turandot' di Puccini con la regia di Krief a Caracalla (foto
Una scena della 'Turandot' di Puccini con la regia di Krief a Caracalla (foto

"Puccini non scrisse il finale della 'Turandot' perché non riusciva a trovare una soluzione drammaturgica e non per un problema musica. Per questo io la metto in scena facendola finire con la morte di Liù, dove si fermò la scrittura del maestro". Denis Krief, in un'intervista all'Adnkronos, racconta il suo allestimento del capolavoro di Giacomo Puccini, di cui firma regia, scene e costumi, che andrà in scena a Caracalla per la stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma, da mercoledì. Nel cast Iréne Theorin, Jorge de Leon e Maria Katzarava con Juraj Valcuha che dirige coro e orchestra della fondazione lirica romana.

Krief, che è alla sesta regia di 'Turandot', spiega le ragioni di questa scelta, che non sono dettate da una mera adesione alla visione di Toscanini, che alla prima della Scala del 1926 concluse l'esecuzione con l'ultima pagina completata da Puccini. Il regista spiega che il compositore "voleva assolutamente nel finale un duetto d'amore, ma non sapeva come risolverlo, ne aveva parlato con tutti i suoi collaboratori senza trovare una soluzione. In realtà 'Turandot' è un'opera incompiuta e proprio qui sta la sua compiutezza. Un fenomeno tipico dell'epoca, penso a Proust o a Musil", sottolinea Krief che si dice "stregato da Puccini, un grandissimo che sapeva coniugare gusto popolare e avanguardia musicale".

"Nelle opere del compositore lucchese - aggiunge il regista italo-tunisino - c'è una scrittura musicale ma anche una costruzione teatrale talmente perfetta da apparire stravagante, e penso soprattutto a 'Madama Butterfly' e 'Turandot', dove c'è nello stesso tempo il piacere della melodia, come nell'aria 'Nessun dorma', e il linguaggio contemporaneo. Puccini era un uomo colto e ha saputo raccogliere benissimo il clima dei ruggenti anni '20 del 900, uno dei momenti più alti della cultura occidentale. E' il periodo in cui esplode la modernità".

'Calaf vive sospeso tra realtà e sogno e la principessa esiste solo nella sua immaginazione'

Anche in 'Turandot' come in tutti i suoi allestimenti, Krief non si limita a mettere in scena l'opera nella sua apparente semplicità, ma scava per cercare temi e problemi che vanno oltre la musica e le parole del libretto e che ne hanno determinato la genesi. "Rappresentare quest'opera come una fiaba cinese - avverte il regista - è assurdo, perché gli anni in cui viene composta sono quelli della grande querelle tra il teatro naturalista, quello di Statnislavskij per intenderci, e la riproposizione dell'attore-bambola della commedia dell'arte. Anche Richard Strauss in Germania ne fa uso nella 'Donna senz'ombra'".

"La fiaba negli anni '20 non è più la fiaba del 700 e Puccini - sottolinea Krief - entra in questa querelle in maniera geniale mischiando il teatro naturalista, in 'Turandot' rappresentato dal personaggio di Timur, dalle repressioni sociali e dalle guerre civili raccontate, a quello delle maschere. La principessa di gelo, Turandot, non esiste, come dicono a Calaf i tre ministri del regno, Ping, Pang e Pong: 'non esiste che il Niente nel quale ti annulli...'. Ecco, proprio Calaf vive borderline tra il mondo reale e quello della favola, del sogno, della non realtà. E Turandot fa parte della sua immaginazione".

Quanto alla location delle Terme di Caracalla, Krief la definisce "la più fascinosa tra le serate estive romane". La sua scenografia, una imponente muraglia di 24 metri, serve a richiamare l'attenzione degli spettatori sull'opera: "Io cerco di lavorare il più possibile sulla recitazione dei cantanti - dice - che è una cosa fondamentale per mettere in scena quello che il testo musicale e letterario, in questo caso di Puccini, richiede. Ho deciso di non occuparmi dei ruderi romani delle Terme - conclude ironicamente - sarebbe presuntuoso, sono talmente imponenti e importanti da non avere bisogno di interventi ma solo di essere lasciati al godimento del pubblico nei momenti di pausa".

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