Dall’utilizzo della telemedicina e delle televisite, che durante la pandemia hanno dato buone risposte, alle medicine di gruppo, fino ai problemi legati alla mancanza di diabetologi
Aosta, Torino, Genova e Cagliari28 ottobre 2021 - Proseguono i tavoli di confronto Regionali promossi da Motore Sanità insieme a Diabete Italia per fotografare quella che è la situazione attuale del diabete, tra modelli organizzativi e criticità gestionali, in Italia.
Ebbene: con oltre 4milioni di connazionali diabetici, se consideriamo anche il sommerso, urge prendere provvedimenti nei confronti di questa malattia, il cui impatto dal punto di vista clinico, sociale ed economico sul Servizio sanitario nazionale e sui servizi regionali è molto importante.
“La mia esperienza riguarda il diabete 1, perché è la patologia più frequente che noi seguiamo: su un totale di circa 700 pazienti con diabete, 600 hanno il diabete 1”, ha commentato Luisa De Sanctis, Referente Regionale SIEDP Piemonte, intervenuta al webinar ‘LA PANDEMIA DIABETE IN VALLE D’AOSTA, PIEMONTE, LIGURIA E SARDEGNA: MODELLI ORGANIZZATIVI E CRITICITÀ GESTIONALI’ organizzato da Motore Sanità e Diabete Italia. “I nostri pazienti con diabete di tipo 2 sono molto pochi, perché esiste un Centro di obesità in cui c’è una presa in carico multidisciplinare. Premesso che ciascuna Regione ha un po’ la sua peculiarità, noi durante il Covid abbiamo utilizzato molto la telemedicina, raggiungendo i nostri pazienti con diabete 1 da remoto. Abbiamo tra l’altro messo in atto un questionario che andasse a vedere quanto questa televisita fosse utilizzabile e piacesse ai pazienti, valutando anche i dati pre e post televisita. Devo dire che questa esperienza è stata molto positiva. Abbiamo spronato i pazienti a utilizzare sempre di più il monitoraggio glicemico e la tecnologia per la sua facilità di controllo anche da remoto. Come formazione abbiamo poi raggiunto i nostri pazienti con la teleassistenza. Per quanto riguarda le restanti problematiche, quello che è importante è fare l’informazione. A Torino, a questo proposito, continuiamo a formare gli operatori sanitari. Avremmo poi tanto bisogno di incontrare le scuole per mettere in atto nuove formazioni rivolte sia agli operatori scolastici, sia agli studenti. Infine, circa l’attività sportiva, abbiamo una collaborazione con l’Università di Scienze Motorie per rafforzare la necessità di fare attività sportiva ai nostri pazienti”.
Diversa la situazione in Sardegna, come ha puntualizzato Riccardo Trentin, Presidente Federazione Rete Sarda Diabete Ets-Odv: “La situazione sarda è abbastanza articolata e complessa, perché ha una certa arretratezza in confronto ad altre Regioni d’Italia. Una delle criticità più importanti che ravvisiamo in Sardegna è l’assenza di un registro delle persone con diabete. Rappresentiamo l’rea geografica al mondo con il più alto tasso di incidenza di diabete di tipo 1: si stima che siano 8.500 le famiglie che hanno la problematica del diabete. È una malattia a impatto sociale e questo si riflette nella scuola e nello sport. Nella scuola non abbiamo un protocollo di inclusione per un giovane con diabete. Questa situazione è completamente a carico delle famiglie. Purtroppo ci sono anche molte mamme che lasciano il loro lavoro per poter gestire il loro figlio a scuola e questa è una gravissima criticità che abbiamo. Una nota positiva è che è stata ricostituita la consulta della diabetologia. In questo momento si sta lavorando a 24mila nuove terapie con il dispositivo flash. Purtroppo la Sardegna stenta ad avere una rete diabetologica pediatrica ben strutturata, perché sono tanti i diabetologi che stanno andando in pensione e, attualmente, non vengono sostituiti. Questo si riflette anche sull’adulto. Abbiamo quindi delle situazioni molto complesse che meritano, a nostro avviso, un tavolo tecnico che sia permanente”.
Giuseppe Noberasco, Presidente SIMG Liguria, ha invece parlato delle medicine di gruppo, molto presenti in Liguria, a dimostrazione del fatto che, come asserito da Luisa De Sanctis, ogni regione ha la sua peculiarità.
“Sono dei raggruppamenti di circa 5-7 medici. A tutti gli effetti, quindi, sono delle piccole case della salute distribuite capillarmente”.
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