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Diagnosi 'flop' per un malato di sarcoma su 3

14 settembre 2017 | 17.17
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(Fotogramma)
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La prima difficoltà, la più grande: dare un nome, che sia quello giusto, alla propria malattia. Una diagnosi che porti in tempo alla terapia appropriata, quella che può fare la differenza fra la vita e la morte. E' l'obiettivo per cui si sono battuti i pazienti con sarcomi dei tessuti molli e gli specialisti che si occupano di questi tumori rari. "Per non vedere più casi come quello di una ragazza non ancora 20enne con la malattia ormai in fase metastatica perché ha dovuto aspettare due anni prima che una biopsia analizzata da patologi super esperti finalmente desse il responso corretto", racconta Silvia Stacchiotti, oncologa medica dell'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, oggi durante un incontro nel capoluogo lombardo.

"Di progressi in questi anni se ne sono fatti tanti", per non lasciare soli i pazienti, in un limbo. Ma circa "un paziente su 3 ancora oggi riceve una diagnosi sbagliata, rischia ritardi di mesi o anni", spiega la specialista. "Con queste malattie neglette, si affrontano sfide aggiuntive: contro l'invisibilità. Si vivono difficoltà, percorsi pieni di incertezze, in un'altalena emotiva pesante. L'accesso ai trattamenti e ai farmaci è complesso", testimonia Ornella Gonzato, presidente dell'Associazione Paola per i tumori muscolo-scheletrici Onlus. Il suo racconto è quello della via crucis affrontata dalla sorella Paola, che ha spinto Ornella a impegnarsi con un'associazione, anche a livello europeo, per far sì che qualcosa cambiasse. "E qualcosa è cambiato - ammette - ma c'è ancora tanto da fare. Per garantire un'adeguato percorso dalla diagnosi alla cura e all'assistenza, servono équipe multidisciplinari, con esperienza".

I sarcomi sono tumori rari e 'trasformisti', sanno come confondere, e il fatto che spesso i sintomi iniziali non siano specifici non aiuta. I campanelli d'allarme sono difficili da cogliere, "ma un nodulo, una lesione, una massa di più di 5 centimetri che compare improvvisamente deve suscitare un dubbio - raccomanda Stacchiotti - e chi fa l'ecografia o la Tac dovrebbe parlarne con un centro di riferimento per permettere al paziente di fare una biopsia nel modo giusto, evitando errori legati alla bassa esperienza dovuta alla scarsa frequenta della patologia". Per migliorare le cure e la diagnosi, in Italia, ma anche in Europa, "si è lavorato molto per mettere in piedi un sistema di collaborazione tra i centri che si occupano di sarcomi e le strutture periferiche". Una speranza per questi malati.

"Un sistema che ha potuto contare finora sull'impegno volontaristico di specialisti che rispondono anche fuori dall'orario di lavoro alle richieste di parere espresse in forma anonima dai colleghi, di patologi che gratuitamente garantiscono una nuova analisi dei vetrini inviati da altri centri", sottolinea l'oncologa. Un sistema che permette anche di limitare le migrazioni dei malati, i viaggi della speranza. Ora questa rete, dice Stacchiotti, "entro fine mese dovrebbe finalmente ottenere un riconoscimento ufficiale e il necessario supporto economico".

Il progetto di una Rete nazionale tumori rari è attualmente all'esame della Conferenza Stato-Regioni, su una bozza di intesa proposta dal ministero della Salute. Tutti i centri selezionati saranno in grado di chiedere e ricevere teleconsulti, ma all'interno di una rete stabile in cui opererà un sistema di qualità delle prestazioni, tanto che non mancheranno vere 'telecondivisioni' di casi clinici a distanza. La rete alimenterà anche un database clinico per la ricerca nei tumori rari, attraverso banche dei tessuti per la ricerca traslazionale.

"Per il futuro - osserva l'esperta - questa rete, ovviamente concepita per migliorare la qualità di cura, sarà utile anche per accelerare la ricerca clinica, anche su nuovi farmaci, ad esempio nei sarcomi", dove gli studi si scontrano, fra le altre cose, con il nodo dei piccoli numeri, del basso numero di pazienti. "Il primo obiettivo resterà tuttavia l'assistenza, per consentire ai pazienti di trovare il centro di riferimento più corretto e vicino al luogo di residenza per la loro malattia, consentendo anche una riduzione della migrazione sanitaria che nel caso dei tumori rari è spesso un fardello per i malati e le loro famiglie oltre che un onere finanziario. Il progetto si propone come integrazione delle attuali reti oncologiche regionali e in collaborazione con le reti malattie rare, anche a livello europeo. E' giunto il momento di fare sistema", conclude Stacchiotti.

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