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Sostenibilità: bio e Km zero, italiani puntano ad un'alimentazione green

11 maggio 2017 | 14.49
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(Fotolia)
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No agli Ogm e sì agli alimenti biologici e a km zero. Sono le scelte degli italiani che puntano ad un'alimentazione più sostenibile come dimostra la terza edizione dell’Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile realizzato da LifeGate in collaborazione con l’istituto di ricerca Eumetra Monterosa.

In particolare, il 36% della popolazione adulta dichiara di aver sentito parlare e di sapere il significato del concetto di alimentazione sostenibile. Andando a scomporre il dato dal punto di vista anagrafico, la conoscenza è alta nella popolazione tra 18 e 44 anni d’età, con il picco (51%) in corrispondenza del cluster 25-34, mentre degrada con l’avanzare dell’età sino al 20% negli over 65.

A quest’informazione sono congruenti il livello d’istruzione, con diplomati e laureati più informati in materia, nonché l’aspetto della professione, dove eccellono dirigenti, liberi professionisti, imprenditori, impiegati e docenti: categorie nelle quali la conoscenza dichiarata va dal 50 al 61%.

Inoltre, il 33% degli italiani maggiorenni concorda nel ritenere il food un settore merceologico di grande rilevanza ai fini della sostenibilità e il 28% dichiara di seguire sempre pratiche sostenibili a tavola. L’attenzione con cui oggi l’opinione pubblica segue tutto ciò che riguarda la sostenibilità e la salubrità degli alimenti ha riflessi diretti sugli orientamenti e sui comportamenti di acquisto.

Il 37% della popolazione adulta, ad esempio, afferma di non volere Ogm nel carrello della spesa e l’83% è d’accordo sul dare un sostegno incondizionato all’agricoltura biologica. L’Osservatorio, infatti, dimostra come il consenso accordato ai cibi bio è guidato dai giovani adulti (18-24) con il 97%, ma anche gli altri cluster mostrano percentuali da plebiscito.

A favore del bio si schierano soprattutto i laureati (91%), i lavoratori in proprio, impiegati, insegnanti e docenti (tra il 90 e il 93%). Anche le abitudini alimentari hanno un peso, con i vegetariani in prima linea (96%) seguiti da chi sta cercando di limitare i consumi di carne (87%), mentre gli onnivori stazionano all’81%.

Il 57% degli italiani, inoltre, si dichiara disponibile a pagare un sovrapprezzo per i prodotti a filiera corta e il 44% sarebbe disposto a fare un analogo sacrificio pur di assicurarsi alimenti da agricoltura biologica. Analogamente a quanto visto in precedenza, queste scelte di principio sono fatte proprie principalmente da giovani adulti e adulti, mentre l’adesione si fa più tiepida nelle classi di età più avanzate.

A favore del km 0 anche se più costoso militano in particolare i laureati (81%) e, dal punto di vista professionale, dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (92%) localizzati prevalentemente nel Nord Est della penisola (68%). A questo identikit sono sostanzialmente sovrapponibili le caratteristiche di chi allargherebbe i cordoni della borsa per il biologico.

Alla luce di quanto sopra sarebbe ragionevole aspettarsi scelte coerenti a tavola. I dati rilevati dall’Osservatorio nazionale LifeGate-Eumetra Monterosa, invece, riportano una situazione più complessa. Se da un lato è impressionante che il 27% degli italiani adulti dichiari di consumare sempre prodotti a km 0 e il 20% di portare in tavola con altrettanta frequenza cibi biologici, dall’altro non si può non notare lo scarto esistente tra opinioni professate e consuetudini alimentari.

La “filiera corta sempre” sembra non attirare i giovani tra 18 e 24 anni (14%) e anche i picchi in corrispondenza dei cluster 25-34 e 45-54 non superano il 35%. Dal punto di vista professionale se si escludono le posizioni di Dirigente, Imprenditore e Libero professionista (51%), le adesioni delle altre categorie stagnano tra il 34% delle casalinghe e il 20% degli studenti.

Il quadro è ancora più livellato nel caso del “biologico toujours”, che pare riscuotere consensi soprattutto presso gli over 65 (27%) e attirare in uguale misura (26%) chi ha livelli di istruzione più bassi e laureati. Le differenze dal punto professionale appaiono sfumate, a riprova che anche chi in teoria ha accesso a maggiori informazioni e dispone di mezzi economici adeguati non necessariamente è pronto ad abbracciare abitudini alimentari in qualche misura integraliste salvo non sia motivato da altre scelte, come sembra attestare il 46% di risposte positive tra i vegetariani.

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