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Diritti umani: Rapporto Amnesty, situazione terribile e risposte inefficaci

25 febbraio 2015 | 11.57
LETTURA: 6 minuti

E' un quadro estremamente negativo quello dipinto da Amnesty International nel suo rapporto 2014-2015 sulla situazione dei diritti umani nel mondo e presentato a Roma in contemporanea con la sede centrale dell'organizzazione a Londra

(Foto Infophoto) - INFOPHOTO
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Vergognosa e inefficace la risposta globale alle atrocità degli stati e dei gruppi armati, alle violazioni che avvengono in numerose parti del mondo: é un quadro estremamente negativo quello dipinto da Amnesty International nel suo rapporto 2014-2015 sulla situazione dei diritti umani nel mondo e presentato a Roma in contemporanea con la sede centrale dell'organizzazione a Londra.

"La situazione è terribile, il quadro è estremamente negativo - ha detto all'Adnkronos Antonio Marchesi, presidente della sezione italiana di Amnesty International - il 2014 ha visto conflitti in varie parti del mondo, nell'ambito di questi conflitti sono rimaste intrappolate milioni di persone, molte migliaia hanno perso la vita in bombardamenti indiscriminati, uccisioni extragiudiziali, milioni di altre sono fuggite da questi conflitti e vivono in condizioni estremamente difficili spesso nei paesi confinanti, vale ad esempio per la Siria".

E ancora "le risposte che stanno venendo da alcuni stati a recenti atti terroristici non ci convincono, non solo dal punto di vista dell'efficacia, ma dal punto di vista della loro compatibilità con i valori che si vogliono difendere proprio dagli attacchi del terrorismo. Sono misure di sorveglianza indiscriminata, definizioni di reati di terrorismo troppo vaghe per un reato per il diritto penale, quindi che lasciano molta discrezionalità. limitazioni della libertà di espressione che non ci sembrano necessarie".

Sono 160 i paesi analizzati dall'organizzazione, 4 milioni di rifugiati fuggiti dalla Siria

"Poi in alcuni paesi addirittura le risposte sono simili a quelle degli attacchi. - ha spiegato Marchesi - Ci sono da parte delle forze di sicurezza nigeriane azioni di violazioni dei diritti umani che non hanno moltissimo da invidiare alle attività di Boko Haram. Noi vorremmo ci fossero delle risposte molto diverse da quelle che furono dopo l'11 settembre, che furono per molti versi controproducenti e spesso sono risultate violazioni dei diritti umani molto significative a loro volta".

Sono 160 i paesi nei quali Amnesty International ha svolto ricerche o dai quali ha ricevuto informazioni da fonti credibili su violazioni dei diritti umani nel corso del 2014, sono 18 i paesi nei quali sono stati commessi crimini di guerra o altre violazioni delle “leggi di guerra”, e ancora sono almeno 35 i paesi nei quali gruppi armati hanno commesso abusi, oltre il 20 per cento dei paesi esaminati dall'organizzazione.

Non basta, oltre 3.400 sono i rifugiati e dei migranti annegati nel mar Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’Europa e 4.000.000 i rifugiati fuggiti dal conflitto della Siria, il 95 per cento dei quali ospitati nei paesi confinanti, sono 119 i paesi nei quali i governi hanno arbitrariamente limitato la libertà d’espressione e 62 i paesi i cui governi hanno messo in carcere prigionieri di coscienza, ossia persone che avevano solamente esercitato i loro diritti e le loro libertà. Questi sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto annuale di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo.

Grande preoccupazione per crescente potere gruppi armati non statali

Nel volume, edito da Castelvecchi, si parla di 93 paesi nei quali si sono svolti processi iniqui, di 131 paesi nei quali vi sono stati maltrattamenti e torture, di 28 paesi che vietano completamente l’aborto, anche in caso di stupro e quando è a rischio la salute o la vita della donna e infine di 78 paesi in cui sono in vigore leggi usate per criminalizzare le relazioni sessuali consensuali tra adulti del medesimo sesso.

Particolare preoccupazione, secondo Amnesty, è data dal crescente potere di gruppi armati non statali, tra cui il quello che si è denominato Stato islamico. Nel 2014 i gruppi armati hanno commesso abusi dei diritti umani in almeno 35 paesi, più di un quinto di quelli su cui l'organizzazione ha svolto ricerche.

“Con l’estensione dell’influenza di gruppi come Boko haram, Stato islamico e Al Shabaab oltre i confini nazionali, sempre più civili saranno costretti a vivere sotto un controllo quasi statale, sottoposti ad abusi, persecuzione e discriminazione - ha detto Marchesi durante la presentazione del rapporto - I governi devono finirla di affermare che la protezione dei civili è al di là dei loro poteri e devono invece contribuire a porre fine alla sofferenza di milioni di persone. Devono avviare un cambiamento fondamentale nel modo di affrontare le crisi nel mondo”.

Leader mondiali intraprendano azioni immediate e decisive per invertire tendenza

Il rapporto di oltre 300 pagine, affronta anche la questione del commercio delle armi. Amnesty chiede a tutti gli stati, ed in particolare agli Stati Uniti, Cina, Canada, India, Israele e Russia, di ratificare e accedere di ratificare o accedere al Trattato sul commercio di armi entrato in vigore lo scorso anno, dopo una campagna di Amnesty International e di altre organizzazioni durata decenni.

“Nel 2014, enormi forniture di armi sono state inviate a Iraq, Israele, Russia, Sud Sudan e Siria, - ha ricordato Marchesi - nonostante la probabilità assai elevata che sarebbero state usate contro i civili intrappolati nei conflitti. Quando lo Stato islamico ha conquistato ampie parti dell’Iraq, ha trovato grandi arsenali pronti all’uso. L’irresponsabile flusso di armi verso chi viola i diritti umani deve cessare subito”.

Amnesty affronta la questione delicata del consiglio di sicurezza dell'Onu e chiede ai cinque stati membri di rinunciare al loro diritto di veto nei casi di genocidio o di altre atrocità di massa. "Potrebbe essere una svolta per la comunità internazionale e uno strumento per difendere le vite umane. - ha spiegato Marchesi - Così facendo, i cinque stati membri permanenti darebbero alle Nazioni Unite un più ampio margine d’azione per tutelare i civili in caso di gravi rischi per le loro vite e invierebbero un segnale potente che il mondo non resterà a guardare passivamente di fronte alle atrocità di massa”.

Un ex detenuto bielorusso 'prigioniero di coscienza'

Alla presentazione del rapporto ha partecipato Ales Bialiatski, presidente dell’Ong bielorussa per i diritti umani Viasna (Primavera), che lotta contro la pena di morte e la tortura e si occupa di prestare assistenza legale e finanziaria ai prigionieri politici e ai loro familiari. Egli è, anche, vice presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani. Studioso di letteratura bielorussa, è membro della Belarusian Writers Union.

Bialiatski fu arrestato nell’agosto 2011 e condannato nell’ottobre del 2011 a quattro anni e mezzo di carcere, con accuse penalmente infondate, al solo scopo di mettere a tacere una fastidiosa voce di dissenso nei riguardi della dura dittatura di Lukashenko. Il suo arresto provocò forti reazioni negative in ogni parte del mondo, fra gli altri del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, che ha dichiarato arbitraria la sua detenzione. E Amnesty International che lo dichiarò “prigioniero di coscienza”.

Bialiatski e' uscito dal carcere il 21 giugno scorso ed è considerato un simbolo della difesa dei diritti umani. E da allora racconta la sua storia ed è diventata la voce dei detenuti, reclusi ingiustamente, e di tutti i difensori dei diritti umani che vivono e lottano in situazioni concretamente difficili. Amnesty lancia infine un appello ad agire. “Il quadro complessivo dello stato dei diritti umani è tetro ma le soluzioni ci sono. I leader mondiali devono intraprendere azioni immediate e decisive per invertire un’imminente crisi globale e fare un passo avanti verso un mondo più sicuro, in cui i diritti e le libertà siano protetti”, ha concluso Marchesi.

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