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Territorio: per mettere in sicurezza il Paese dal dissesto necessari 25 mld

26 maggio 2016 | 16.37
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Territorio: per mettere in sicurezza il Paese dal dissesto necessari 25 mld

Venticinque miliardi di euro da investire in 8.500 progetti per mettere in sicurezza il territorio. E' il quadro delle risorse e delle opere necessarie per la prevenzione emerso nel corso del Forum Cesi dedicato al dissesto idrogeologico e al ruolo di 'telaio diagnostico' che può essere svolto dalle grandi infrastrutture.

Prima questione i fondi. Nel suo lavoro di ricognizione delle risorse disponibili, #italiasicura, la Struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, ha trovato a circa 2 miliardi e 700 milioni di euro stanziati per prevenire frane e alluvioni che non si sono mai trasformati in opere concrete, vecchi fondi precedenti il 2009 per circa 300 milioni, circa 1 miliardo e 200 milioni degli accordi di programma del 2010 con le Regioni e circa 700 milioni di fondi di accordi di programma vari o dei fondi strutturali europei. Ad oggi, con parte di queste somme e grazie alla nuova governance voluta dal Governo per la realizzazione degli interventi strutturali di prevenzione dal dissesto idrogeologico, sono in corso d'opera oltre 1.500 interventi per 2 miliardi e 100 milioni di euro; opere, ferme da anni, e ora finalmente sbloccate.

"Per definire gli interventi contro il dissesto idrogeologico - ha detto Mauro Grassi, responsabile di #italiasicura - è stato portato avanti un complesso lavoro con le Regioni che hanno fatto una stima del proprio fabbisogno. Il tutto è stato possibile grazie a un formidabile gioco di squadra che ha visto in azione #italiasicura, il ministero dell’Ambiente, quello delle Infrastrutture, la Protezione civile nazionale, l’Agenzia per la coesione territoriale e le singole Regioni".

Grassi (Italiasicura), tra il 2015 e il 2020 interventi per almeno 7 mld

Grassi fa dunque il quadro delle risorse e delle opere necessarie per la prevenzione stimato in circa 25 miliardi per 8500 progetti antiemergenza. "La strada da percorrere per mettere in sicurezza il nostro Paese è tuttavia molto lunga - dice - Tra il 2015 e il 2020 sono in programma interventi per almeno 7 miliardi di euro. Anzitutto ci occuperemo delle città metropolitane, per le quali è già stato stanziato 1 miliardo e 300 milioni di euro, di cui 400 milioni solo per Genova. Sono stati assegnati lavori per 750 milioni e andranno in cantiere opere per 250 milioni entro l'estate che arriveranno a 400 milioni a fine anno. Il resto del piano sarà cantierato al 90% entro metà 2017".

In questo contesto, le infrastrutture possono rappresentare un vero e proprio 'telaio diagnostico' contro il dissesto idrogeologico oltreché un driver di sviluppo. Le aziende del settore infrastrutturale hanno, infatti, a disposizione milioni di dati elaborati ogni giorno grazie all’utilizzo di fibre ottiche, telecamere, sensori elettrici e rilievi satellitari. Le maggiori società di ricerca sostengono che si arriverà a oltre 25 miliardi di apparati Internet of Things - IoT entro il 2020. Al momento tutti i record raccolti vengono utilizzati dalle diverse aziende ma si stanno già attivando sinergie tra i soggetti che a vario titolo sono coinvolti nel governo delle infrastrutture per creare una grande banca dati al servizio del Paese.

Dai fulmini ai beni culturali, milioni di dati gestiti da Cesi

"Le grandi infrastrutture risultano di fondamentale importanza anche per il monitoraggio del territorio - ha commentato Matteo Codazzi, ad Cesi - soprattutto se accompagnate, nell’evoluzione dei loro processi e nell’implementazione di moderne soluzioni tecnologiche, da partner specialistici come Cesi, capaci di innestare una nuova vision tecnico-operativa, nella tradizione di solide esperienze applicative".

"Le expertise e i sistemi messi in opera dal Cesi per prevenire il dissesto idrogeologico - dichiara Domenico Andreis, direttore Divisione Engineering&Environment Ismes, Cesi - garantiscono un efficace e capillare monitoraggio dei possibili rischi. Basti ragionare sugli oltre 3 milioni di dati gestiti ogni anno relativi ai fulmini: un patrimonio eccezionale se si pensa che la letteratura scientifica disciplinare riconosce nel fulmine il più efficace indicatore di frane d’alluvione, con un’affidabilità sensibilmente maggiore rispetto al dato sulle precipitazioni cumulate. Il lavoro di Cesi con la Regione Valle d’Aosta per la prevenzione delle frane può, poi, diventare una best practice a livello nazionale, un esempio da seguire anche in altre Regioni. Ricordiamo, infine, il monitoraggio sui beni culturali, fondamentale per la tutela del nostro patrimonio artistico".

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