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Imprese: diversity management, tre aziende su 10 non vogliono saperne

29 gennaio 2015 | 17.15
LETTURA: 3 minuti

Ricerca condotta dalla Sda Bocconi.

Imprese: diversity management, tre aziende su 10 non vogliono saperne

Nelle imprese italiane con più di 250 dipendenti, tre direttori del personale su dieci (29%) non vogliono neppure sentire parlare di diversity management, due (21%) ne hanno adottato qualche pratica e gli altri cinque rimangono alla finestra: pur rientrando nella categoria dei non adottanti, si dichiarano interessati e dicono che stanno valutando l’adozione.

E' il quadro delineato da una survey su 150 direttori del personale di imprese italiane con più di 250 dipendenti, condotta dal Diversity Management Lab della Sda Bocconi School of Management e presentata questa mattina. “Un quadro - scrivono i ricercatori - a tinte fosche. Ancora oggi si affida al diversity management un ruolo tattico tangenziale: un una tantum per dire di stare facendo senza volerlo veramente fare”.

I ricercatori del Diversity Managemet Lab sono Simona Cuomo (coordinatrice), Stefano Basaglia, Stefano Cavallazzi, Bettina Gehrke, Chiara Paolino, Martina Raffaglio e Zenia Simonella. Il laboratorio è supportato da un Advisory Board di cui fanno parte: Michelin, Baa - Bocconi Alumni Association, Siemens, Randstad, Aidp - Associazione italiana per la direzione del personale, Parks, Pwa - Professional women association Milan, Nestlé, Comune di Milano.

Per diversity management si intende l’insieme di politiche, pratiche e azioni che hanno l’obiettivo di valorizzare le diversità degli individui nelle organizzazioni e nei luoghi di lavoro, dove per diversità si intende il genere, l’età, l’orientamento sessuale, l’etnia, la disabilità, i carichi familiari ecc.

Il dato del 21% di imprese che hanno adottato pratiche di diversity management oggi in Italia si rapporta sfavorevolmente con le rilevazioni internazionali, alcune delle quali registravano già dieci anni fa un tasso di adozione del 39,4% in Germania (2004) o addirittura del 48% nell’Unione europea nel suo complesso (2005).

Le aziende più grandi sono quelle più sensibili al diversity management: dal 21% di adottanti si passa al 46% per le imprese con più di 1.000 dipendenti. Le imprese adottanti sono, inoltre, quelle con la forza lavoro più diversa: hanno una percentuale maggiore di donne (42% contro 35% nelle imprese non adottanti e non interessate a farlo), di popolazione sotto i 30 anni (23% contro 17%) e dichiarano di impiegare una percentuale di omossessuali pari al 2%, contro l’1% delle altre imprese.

Anche tra le imprese adottanti, l’unica diversità quasi universalmente riconosciuta è però quella di genere (la tematica è coperta dall’84% degli adottanti), con attenzione decrescente all’età (58%), alle differenze etnico-culturali (39%) e all’orientamento sessuale (10%).

Se il 77% degli adottanti considera il diversity management una leva per gestire il benessere dei lavoratori, solo il 23% ha introdotto una figura responsabile e solo il 16% un’unità organizzativa ad hoc, solitamente all’interno della funzione delle risorse umane.

Quando l’indagine cerca di approfondire le prassi concrete utilizzate dalle imprese, si evidenzia che anche le imprese adottanti utilizzano un set limitato e generico di pratiche, mentre è noto che non è la singola prassi, ma un sistema integrato che può garantire risultati positivi in termini di clima organizzativo e outcome operativi.

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