Roma, 18 apr. (Labitalia) - "Nella sua formulazione originaria, il decreto legge necessitava di qualche correzione e di una importante integrazione, per riequilibrare il rapporto tra contratto a termine e contratto a tempo indeterminato. Francamente, non mi sembra che correzioni e integrazioni apportate dalla commissione Lavoro della Camera vadano nella direzione giusta". Ad affermarlo a Labitalia è il giuslavorista e senatore di Sc Pietro Ichino.
"Quello che occorreva - chiarisce - era una anticipazione almeno parziale, in questo decreto, del contratto a tempo indeterminato a protezioni crescenti. Invece, sul versante del tempo indeterminato si è verificato il solito muro da parte di una sinistra politica e sindacale che non riesce a ragionare lucidamente sugli effetti pratici delle proprie scelte. Si sono, viceversa, reintrodotti vecchi vincoli sul contratto a termine che rispondono a una logica superata, complicata e burocratica. Occorrerebbe invece muovere verso una disciplina più semplice: più 'filtri automatici' e meno spazio ad avvocati e giudici". Sul fronte dell'apprendistato, per Ichino, "è giusto che venga garantita l'esplicitazione, almeno a grandi linee, del contenuto formativo del rapporto". "Ma occorreva rimuovere - avverte - i disincentivi all'apprendistato costituiti dal rischio per l'impresa di stabilizzazione coattiva del rapporto; gli emendamenti approvati alla Camera sono invece tornati ad allargare questo rischio".
Quanto alle polemiche che hanno accompagnato il voto in commissione Lavoro della Camera (Ncd non ha partecipato al voto, Scelta civica e Forza Italia si sono astenuti e il Movimento 5 stelle ha votato contro insieme a Sel, mentre la Lega era assente ma ha annunciato una relazione), e all'auspicio espresso dal ministro del Lavoro di approvare rapidamente il testo in Aula, Ichino sottolinea: "Siamo ancora in un sistema fondato sul bicameralismo perfetto. Se si vuole che il decreto venga convertito in legge, e questo è sicuramente necessario, occorre che ciascuna delle due Camere rispetti in qualche misura le scelte dell'altra". "Al Senato, dunque, non ci proponiamo di smontare quanto è stato fatto alla Camera, ma di apportare al testo almeno in parte le correzioni e integrazioni che riteniamo necessarie. A Palazzo Madama questo sarà reso possibile da un clima migliore in seno alla maggioranza, rispetto a Montecitorio, e non soltanto in seno alla commissione Lavoro", conclude.