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Dolce e Gabbana, appello slitta al 30 aprile. Difesa: "Sono creativi, non amministratori"

04 aprile 2014 | 15.57
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Dolce e Gabbana, appello slitta al 30 aprile. Difesa:

Milano, 4 apr. (Adnkronos/Ign) - Slitta al 30 aprile prossimo, per eventuali repliche, la sentenza d'appello in corso a Milano per gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, condannati in primo grado a un anno e otto mesi per una presunta evasione fiscale. Dopo la richiesta 'a sorpresa' del pg Gaetano Santamaria nella scorsa udienza, la difesa ha chiesto l'assoluzione degli imputati.

BERLUSCONI - Nell'arringa, l'avvocato Massimo Dinoia ha citato Versace e ha fornito un parallelismo, puntando l'accento sulle differenze, con il processo sui diritti tv con protagonista Silvio Berlusconi, producendo al collegio giudicante anche la sentenza sull'ex premier.

SANTO VERSACE - Dinoia ha ricordato un intervento tv di Santo Versace in cui spiegava: "Mio fratello Gianni diceva 'non fate casino, fate quello che vi sembra opportuno, ma non mettetevi nei casini'. E Domenico Dolce e Stefano Gabbana - ha sottolineato - mai avrebbero voluto qualcosa di illecito. I creativi non si occupano di finanza e amministrazione".

SOCIETÀ in LUSSEMBURGO - Al centro del processo c'è una presunta evasione fiscale che sarebbe stata realizzata con una esterovestizione, ossia con la creazione nel 2004 di una società ritenuta fittizia in Lussemburgo, la Gado, per ottenere vantaggi fiscali. "Non vogliamo esimente per gli stilisti, ma l'applicazione del principio della responsabilità penale. Il soggetto primariamente obbligato non è l'amministratore formale ma l'amministratore sostanziale; non esiste una sentenza che dica il contrario", ha evidenziato.

ESTEROVESTIZIONE - Dolce e Gabbana "hanno sempre rivendicato con orgoglio di aver rispettato la legge", ma "la loro professione, ciò di cui si sono occupati, è una cosa diversa dal prendere cognizione o meno da quel che era l'operatività in Lussemburgo. La verità è che c'è una distanza siderale tra i due stilisti e tutto quello che riguarda la Gado. Gli stilisti avevano tutto l'interesse a che non fosse fatta una esterovestizione", ha aggiunto Dinoia. Che ha concluso: "Loro non sanno di cosa sto parlando io oggi, questa è la realtà e la realtà va tenuta in conto in un processo. I giudici non sono produttori di legge ma consumatori di legge, che gli piaccia o no. E la legge dice che il fatto che siano beneficiari economici non li rende responsabili".

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