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Don Mazzi: 'Veronesi aveva fede a modo suo, noi diversi ma vicini'

10 novembre 2016 | 19.50
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La camera ardente allestita per Umberto Veronesi a Palazzo Marino/P.O. Adnkronos Salute - Adnkronos Salute
La camera ardente allestita per Umberto Veronesi a Palazzo Marino/P.O. Adnkronos Salute - Adnkronos Salute

"A me piace una frase che non piace a molti preti: la fede nasce laddove finisce la religione. Credo che quest'uomo di fede ne avesse tantissima, alla sua maniera. Appunto perché aveva poca religione. Lo reputo molto amico anche in questo. Molto diverso, ma molto vicino". Così don Antonio Mazzi ricorda l'oncologo Umberto Veronesi, all'uscita dalla camera ardente allestita a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.

"Io molte volte ho avuto bisogno del professore per casi particolari e molto delicati di gente molto povera che doveva essere in qualche maniera aiutata - racconta - E lui è stato sempre molto attento. Domani purtroppo non ci sono e ho sentito il bisogno di venire a ringraziarlo e a testimoniare quanto c'era di grande cuore in quest'uomo, oltre che di grande scienza. E' un gran peccato che in questi momenti ci vengano a mancare personaggi come questi".

Ora, sottolinea, "bisogna avere il coraggio di dire che è morto un grande uomo, ma cogliere la sua eredità è difficile. Nascerà qualcos'altro. Non c'era solo la scienza in lui, non dobbiamo dimenticare la sua grande capacità politica e sensibilità sociale. Eravamo molto diversi, ma ci siamo incontrati tantissime volte. E' stata una diversità che mi ha arricchito. Dobbiamo avere il coraggio di lasciarlo andare e non tentare imitazioni. Nascerà qualcos'altro", ripete. Da uomo di fede, don Mazzi lo ha salutato così: "L'ho benedetto".

Umberto Veronesi "ha creato un ospedale a misura di paziente, a misura d'uomo, dove il dolore viene accettato in quanto tale. Ha dato una dignità al dolore: questa è una cosa importante che ha fatto". Paola Venco ha compiuto 32 anni ieri, è una ricercatrice biologa, lavorava all'Istituto neurologico Besta di Milano, sulle malattie del cervello, prima di darsi una pausa per prendersi cura di sé. Oggi ha voluto portare un ultimo saluto all'oncologo e ringraziarlo personalmente per la sua 'creatura': un Istituto "con medici umani" dove lei, che l'anno scorso si è ammalata di cancro, ha trovato "non solo la guarigione", racconta all'uscita dalla camera ardente allestita a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.

"Oltre che essere guarita, sono stata benissimo. Anche tutti i suoi medici - sottolinea all'AdnKronos Salute - hanno un'altra visione della malattia: la combattono, ma prima di combatterla mettono davanti il paziente, quindi non ti distruggono. Distruggono la malattia, ma non te". La filosofia di Veronesi "è stata tramandata ai suoi medici e continuerà", sostiene Paola. E lo dice con le lacrime agli occhi. "Io da ricercatrice in tutt'altro ambito l'ho visto, l'ho percepito che per lui era importante la ricerca. Appena entri in Ieo c'è scritto: 'Si cura meglio dove si fa ricerca'. Ed è vero. L'ospedale si basa sulla ricerca, si sente questa forte laicità, si sente la sua presenza. E qualche volta lo si vedeva di persona nel centro, anche l'anno scorso".

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