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Comunicato stampa

Donne penalizzate in Serie A: le calciatrici guadagnano meno di 1/3 di un guardalinee. Numeri dell’Osservatorio Betway

01 giugno 2022 | 10.00
LETTURA: 3 minuti

Milano, 1 giugno 2022. Il calcio, un mercato del lavoro insensibile alle logiche della parità salariale, almeno allo stato attuale. Il divario retributivo di genere, tema centrale per le politiche europee, determina mediamente uno stipendio per gli uomini più alto del 10%*. E se questa differenza salariale è un’ingiustizia da sanare, il mondo del football esaspera ulteriormente i termini del confronto, toccando un amaro record negativo.

Malgrado dal luglio del prossimo anno le calciatrici saranno riconosciute, anche formalmente, come professioniste dalla legislazione italiana**, le football player impegnate nella Serie A femminile sono vittima di un’avvilente penalizzazione economica.

Sulla scorta di quanto emerso da un recente approfondimento pubblicato dall’Osservatorio Betway Sport, “Lavorare nel mondo del calcio: ecco quanto si guadagna”, lo stipendio medio di una giocatrice di Serie A (1.250 euro) è più basso di quello di un magazziniere (1.670 euro). E nonostante entrambe le figure siano fondamentali, sotto profili diversi, la seconda non può essere raffrontata con le prerogative tecniche di un’atleta.

Entrando nel merito di ulteriori aspetti economici rilevanti, sempre all’interno dell’analisi dll’Osservatorio Betway Sport, il marcato svantaggio della condizione femminile è ancora più lampante. Basti infatti considerare lo stipendio medio di un calciatore di Serie C, ovvero 2.500 euro, che rappresenta il doppio di quello percepito da una giocatrice della massima divisione.

Malgrado l’introduzione del VAR, un guardalinee incassa ogni mese (in media) oltre tre volte quanto è riservato a una calciatrice: circa 4.000 euro. Se la lente di attenzione si sposta sul parallelo con i colleghi maschi della Serie A, il divario diviene autenticamente colossale.

I giocatori percepiscono uno stipendio medio da 500.000 euro annui, che però è un valore “fittizio, che deve tener conto del fatto che c’è chi guadagna anche 120 volte in più di un suo collega”, si legge nell’indagine pubblicata sul blog di pronostici calcio dell’Osservatorio Betway. “Lo stipendio minimo in Serie A per un giocatore di almeno 24 anni e con almeno un’esperienza pregressa nel massimo campionato è di 42.477 euro lordi”. Alle donne vengono riservate le briciole: percepiscono il corrispondente di appena il 3% di quanto incassato dai colleghi maschi.

Come ogni scenario complesso, sarebbe sbagliato giungere a facili conclusioni. Tuttavia è impossibile trascurare delle storture macroscopiche, che non possono essere giustificate da un differente livello di visibilità e interesse suscitato dai due campionati (Serie A maschile e femminile).

Pur considerando come oggettiva una significativa disparità sul piano dei proventi pubblicitari e connessi, in un senso più generale, al circolo mediatico, il quadro resta difficile da tollerare allo stato attuale.

I numeri infatti tracciano una condizione che, dal punto di vista del trattamento economico, riflette un sistema, sotto diversi aspetti, malsano. Non si tratta di seguire i dogmi del politicamente corretto, quanto di garantire maggiore equità, dimostrando il dovuto rispetto per la professionalità delle giocatrici.

Che il loro stipendio sia più basso di quello di un magazziniere è un dato che dovrebbe condurre a una profonda riflessione. Un’analisi da sviluppare in ottica di riforma, per uno spettacolo sportivo di cui si stenta a riconoscere un barlume di senso di equilibrio e correttezza.

*rilevazioni Ferderconsumatori https://www.federconsumatori.it/gender-gap-in-italia-le-donne-devono-fare-i-conti-con-stipendi-piu-bassi-e-prodotti-piu-cari/

**fonte: https://luce.lanazione.it/professionismo-calcio-femminile-serie-a-figc

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