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E' morto Alberto Arbasino

23 marzo 2020 | 12.24
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Lo scrittore, storico protagonista del 'Gruppo 63', aveva 90 anni. Assiduo collaboratore di importanti quotidiani e periodici, lanciò la famosa espressione 'la casalinga di Voghera'. Nelle sue opere è sempre presente un profondo e costante impegno civile

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

di Paolo Martini
Si è spento all'età di 90 anni, compiuti lo scorso gennaio, dopo una lunga malattia, lo scrittore Alberto Arbasino, storico protagonista del 'Gruppo 63'.

"Fratelli d'Italia", "La narcisata", "La bella di Lodi", "Specchio delle mie brame", "Grazie per le magnifiche rose", "Un paese senza", "Paesaggi italiani con zombi", "La vita bassa", "Le piccole vacanze": i titoli dei libri di Alberto Arbasino riflettono già, come in uno specchio, a volte deformante, il volto di un'Italia in costante mutazione, di cui è stato sapido e perfido osservatore e descrittore. Libri scritti con un linguaggio parodistico talmente originale che per ricordare il suo stile e le sue tematiche sono stati coniati due aggettivi registrati da tempo dai vocabolari: 'arbasineggiante' e 'arbasiniano'. Protagonista di spicco della neoavangurdia del "Gruppo 63", di cui ha incarnato l'anima più europea e interpretandone le parole d'ordine sulla falsariga del propri raffinati interessi (come critico scrive di musica, di teatro, di cinema, di costume), Arbasino ha avuto una feconda carriera letteraria come romanziere, saggista e poeta e improntando tutte le sue opere di un profondo e costante impegno civile.

Assiduo collaboratore di importanti quotidiani e periodici ("Il Verri", "Quindici", L'Espresso", "Corriere della Sera", "La Repubblica"), grazie ai suoi articoli di critica letteraria ha coniato diverse locuzioni di grande successo. A cominciare un'espressione fortunatissima: nel 1966 Arbasino, lanciò "la casalinga di Voghera", figura rappresentativa di un solido buon senso lombardo, virtù di cui erano privi, a parer suo, molti italiani. Pochi anni prima aveva usato l'espressione "gita a Chiasso", significando l'opportunità di uscire dai limiti del conformismo che infestava una parte dell'intellettualità italiana del periodo, una presa in giro di certi costumi, di certi atteggiamenti preteschi o pretenziosi, di beghinerie, finti signorilismi.

Nato a Voghera il 22 gennaio 1930, dopo gli studi liceali, Alberto Arbasino si iscrive alla Facoltà di Medicina dell'Università di Pavia passando poi alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Milano, dove si laurea con Roberto Ago, di cui diventerà assistente. Si fa conoscere al pubblico con alcuni scritti pubblicati su riviste importanti come "L'illustrazione italiana", "Officina" e "Paragone" che nel 1955 gli pubblica uno dei suoi primi racconti, "Destino d'estate", dove si rintracciano alcuni temi ricorrenti nell'opera di Arbasino: la provincia italiana del periodo post-bellico chiusa nel suo mondo ristretto e la critica di una società pettegola e ristretta delle ville e dei salotti.

Nel 1957 si trasferisce a Roma, al seguito del professor Ago, alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università 'La Sapienza' e nel frattempo si dedica alla scrittura. Nel 1965 abbandona la carriera universitaria per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Un'ambigua presenza autocritica percorre l'opera di Arbasino sin dai primi racconti - pubblicati in rivista alla metà degli anni Cinquanta e poi raccolti in volume ("Le piccole vacanze", 1957; ristampato nel 1971 con l'aggiunta di due racconti, "Povere mete" e "Racconto di Capodanno", prima compresi in "L'anonimo lombardo") - presenza che chiarisce il proprio ruolo strutturale nella composizione fondata sulla tecnica epistolare di "Il ragazzo perduto" (prima stampato insieme con i racconti di "Le piccole vacanze" e con altri otto racconti in "L'anonimo lombardo", 1959 e poi ristampato da solo con il titolo "L'anonimo lombardo", 1966).

Nel successivo "Parigi o cara" (1960) Arbasino raccoglie scritti giornalistici e critici, recensioni, impressioni di viaggio; mentre con "Fratelli d'Italia" (1963) affronta direttamente la parodia di un genere, quello filosofico-didascalico del viaggio educativo, che agisce attraverso la frantumazione della trama e l'accumulazione caotica di materiali, montati in un collage grottesco e deformante. La scoperta del sottomondo borghese chiede solo di essere aggiornato, tanto che "Fratelli d'Italia" venne continuamente riscritto, con nuove edizioni apparse nel 1976 e nel 1993. Dallo sviluppo autonomo della componente critica dell'opera di Arbasino, nascono "Certi romanzi" (1964), rassegna brillante e paradossale di problemi e discussioni sul romanzo; "Grazie per le magnifiche rose" (1965), "avventure della drammaturgia contemporanea"; "La maleducazione teatrale" (1966), resoconto e riflessione sull'attività di regia di Arbasino; "Off-off" (1968), rassegna delle idee e della cultura contemporanee; "Sessanta posizioni" (1971), appunti su altrettanti autori scelti secondo un criterio di gusto. In "Due orfanelle: Venezia e Firenze" (1968), Arbasino ripropone invece due scritti giornalistici nati in occasione dell'alluvione del 1966. A "La narcisata" e "La controra" (raccolti in un solo volume, 1964) segue "Super-Eliogabalo" (1969), di più complessa struttura, in cui la dissoluzione parodistica si esercita in una duplice direzione, sul genere romanzesco e sulla rilettura moderna di un motivo tipico riproposto ripetutamente in chiave tragica.

In Arbasino la parodia agisce sulla base della divagazione e dell'accumulo, ma l'accelerazione dei tempi e la sfrenata eterogeneità dei materiali, tra cui prevalgono reperti Kitsch, la orienta verso un modello narrativo che si affida prevalentemente alla riproduzione di moduli e tecniche mutuate dal cabaret e dall'arte pop. Un modello analogo, seppure semplificato e convertito da una versione centrifuga a una centripeta, dalla dispersione alla concentrazione, è presente in "La bella di Lodi" (1972), in "Il principe Costante" (1972), in "Specchio delle mie brame" (1974), a segnare la via della sperimentazione di Arbasino nell'ambito del genere narrativo. Arbasino ha esplorato infine uno spazio letterario che non è nè romanzesco nè saggistico: "In questo stato" (1978); "Un paese senza" (1980). Ha pubblicato una raccolta di poesie ("Matinée", 1983). Tra le sue opere più recenti: "Lettere da Londra" (1997), tra viaggi e letteratura; "Passeggiando tra i draghi addormentati" (1997), titolo con cui pubblica un reportage per la Repubblica in Birmania; "Paesaggi italiani con zombi" (1998), un saggio critico sull'Italia contemporanea; "Le muse a Los Angeles" (2000); "Rap!" (2001) e "Rap 2" (2002), raccolta di composizioni poetiche satiriche; "Marescialle e libertini" (2004), raccolta di memorie musicali; "Dall'Ellade a Bisanzio" (2006); "L'ingegnere in blu" (2008), volume che chiude una serie dedicata a Carlo Emilio Gadda; "La vita bassa" (2008), riflessioni sulla società contemporanea; il testo autobiografico "America amore" (2011); "Pensieri selvaggi a Buenos Aires" (2012); "Ritratti italiani" (2014); "Ritratti e immagini" (2016). Nel 1967 Arbasino inizia la collaborazione con "Il Corriere della Sera", terminata poi con la direzione di Giovanni Spadolini: e fu proprio il suo ex direttore a candidarlo e a farlo eleggere come indipendente al Parlamento italiano per il Partito repubblicano, di cui è stato deputato fra il 1983 e il 1987.

Nel 1976 inizia a collaborare al quotidiano "La Repubblica" nel 1977 conduce su Rai 2 il programma "Match". Tra i riconoscimenti ricevuti da Arbasino figurano il Premio Chiara alla carriera, il Premio Giovanni Boccaccio, il Premio Pen Club, il Premio Scanno per la Letteratura, il Premio Campiello alla carriera, il Premio Il Vittoriale.

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