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, il raggio-bisturi del futuro

10 maggio 2018 | 16.56
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Più piccolo e senza bunker, il nuovo robot radiochirurgo (Zap Surgical Systems) - ZAP SURGICAL SYSTEMS
Più piccolo e senza bunker, il nuovo robot radiochirurgo (Zap Surgical Systems) - ZAP SURGICAL SYSTEMS

Dopo aver inventato il 'robot radiochirurgo' lo ha rimpicciolito, messo in un guscio e liberato dal bunker. E' la nuova sfida di John Adler, professore all'università americana di Stanford, neurochirurgo papà del raggio-bisturi Cyberknife. Un'avventura, la sua, che si è giocata nel cuore della Silicon Valley, "luogo speciale per la tecnologia", come lo ha definito in passato, dove "realizzare il sogno della propria vita". E sempre nella Silicon Valley Adler punta ora a riprogettare la seconda vita della sua creatura.

Qui nel 2014 ha fondato la Zap Surgical Systems (di cui è Ceo), la casa della sua nuova invenzione: Zap-X, che ha ricevuto l'approvazione della Fda negli Stati Uniti nel settembre 2018. In pratica si tratta di un robot radiochirurgo più 'agile', cosa che permetterebbe di facilitarne l'acquisizione da parte delle strutture sanitarie, allargando l'accesso alla tecnica. "E' un po' difficile da descrivere - spiega Adler all'AdnKronos Salute - E' come un grosso giroscopio. Non bisogna immaginare un robot con un braccio mobile. C'è una sorta di tavolo, con un apposito spazio su cui è appoggiato il cranio del paziente. Intorno si muove la strumentazione. Sembra quasi la macchina spaziale del film 'Contact' con Jodie Foster. Una 'macchina del tempo', la definirei, perché diamo ai pazienti oncologici più tempo".

Il progetto è in fieri, tanto che lo scienziato negli Stati Uniti ne ha parlato al momento solo in "piccole cerchie" di esperti. Oggi a Milano "la mia presentazione maggiore", dice, davanti a una platea di circa 70 specialisti italiani e internazionali, in occasione del convegno 'Frontiers of Radiosurgery' in corso al Centro diagnostico italiano (Cdi). Per permettere agli interessati di farsi un'idea, Adler oggi ha proposto anche "un'esperienza di realtà virtuale".

Si indossano occhiali hi tech e ci si trova "catapultati nella sala del trattamento", racconta chi ha sperimentato il 'viaggio'. Si può vivere la macchina nella prospettiva sia del medico che del paziente. "C'è un lettino, guardandosi intorno si vedono la macchina da fuori e l'ambiente, diverso da quello dove oggi opera il Cyberknife, un'ampia sala con un lato aperto con dei vetri". A questo punto ci si può sdraiare, "entrare dentro la macchina come succede al paziente, e vedere il 'cannone' che spara le radiazioni che gira intorno".

"Per tutta la durata della mia carriera professionale - racconta Adler - mi sono occupato di attrezzature di radiochirurgia. Circa 25 anni fa ho sviluppato il Cyberknife. Questa creazione, insieme agli sviluppi apportati da altre persone che mi hanno seguito, hanno marcato una rivoluzione nel campo della radiochirurgia del cervello. E' una procedura che funziona molto bene per i pazienti. Ma se guardiamo a livello mondiale, la maggior parte di coloro che potrebbero beneficiarne non ha purtroppo accesso a questi strumenti chirurgici. Gli ostacoli, a mio avviso, sono i costi e la complessità. E' la ragione per cui ho lavorato al nuovo sistema".

Si tratta, continua il neurochirurgo, "di una macchina dedicata al trattamento di lesioni cerebrali di testa e collo. Un robot 'specializzato' le cui parti meccaniche proteggono anche l'operatore dal fascio di radiazioni". Come? "La macchina è fatta di componenti di ferro, acciaio e tungsteno, che servono a muovere i componenti centrali del sistema e garantiscono il contenimento delle radiazioni. Così non servono grossi box di protezione in cemento. Grazie al suo design, la macchina permette un'esposizione 50 volte inferiore". Niente bunker, quindi: l'apparecchiatura e il paziente sono dentro una specie di guscio e l'operatore è fuori.

"In molti - osserva Adler - si stanno cimentando con l'impresa di sviluppare una macchina che non richieda un bunker, visti i soldi (spesso nell'ordine di milioni), lo spazio e il tempo necessari per la costruzione. I costi, in particolare, con la nuova macchina scenderebbero a circa 100 mila euro per il pavimento in cemento su cui va installata. La vera mission a cui puntiamo è trattare 2 milioni di pazienti che vivono in Paesi a medio e alto reddito e non hanno ancora accesso a questa terapia".

"Zap-X si propone buona come qualsiasi altra macchina radiochirurgica", assicura l'esperto. I prossimi passi? "In Cina è previsto l'avvio di un trial clinico nel quale saranno reclutati meno di 100 pazienti con tumori cerebrali di vario tipo, escluso glioblastoma, patologia che si aspettiamo di trattare successivamente. Lo studio permetterà di ottenere l'approvazione da parte della Fda cinese". E in vista di questo, proprio a Pechino sarà installata la seconda macchina Zap-X. La prima si trova in Arizona, "nel centro di eccellenza Bbs di Phoenix , dove pianifichiamo il trattamento del primo paziente entro circa 2 mesi".

Il progetto di Adler è uno dei tanti temi finiti sotto i riflettori a Milano in occasione del convegno al Centro diagnostico italiano, dedicato alle nuove prospettive che la radiochirurgia riserverà nell'immediato futuro. Il Cyberknife è stato protagonista di uno studio sul trattamento della nevralgia del trigemino condotto proprio dal Cdi - nel quale si dimostra che elimina in maniera non invasiva il dolore nel 78,9% dei pazienti - ma anche di altre presentazioni di esperti internazionali. Il Centro diagnostico italiano vanta un'ampia casistica con il raggio-bisturi: oltre 10 mila i pazienti trattati negli ultimi 14 anni.

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