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Elezioni 2022, Romenti (Iulm): "Rischio fake news le condizionino"

26 agosto 2022 | 18.29
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"Fenomeno grave, per contrastarlo serve impegno diffuso e condiviso"

Elezioni 2022, Romenti (Iulm):

C'è "un rischio sicuramente molto forte" che le fake news possano condizionare le elezioni politiche, perché "come abbiamo visto con la pandemia, i vaccini, il cambiamento climatico e la guerra, in presenza di tematiche molto divisive, la disinformazione cresce. Ed è così anche in campagna elettorale", quando le notizie false "hanno un'eco moltiplicata all'ennesima potenza, grazie alle tecniche di microtargeting, con cui la stessa fake news viene riconfezionata in migliaia di modi diversi". Lo spiega all''Adnkronos la professoressa Stefania Romenti, direttrice del centro di ricerca sulla comunicazione strategica dell'università Iulm e coordinatrice nel 2022 della ricerca 'Fake news: percezioni, attori e strategie'.

Dallo studio, condotto tra gennaio e febbraio su un campione rappresentativo, è emerso come per i cittadini le fake news siano la settima maggiore preoccupazione, in una classifica che vede al primo posto la corruzione. Tra le tematiche che secondo gli italiani sono più interessate dalle bufale, al primo posto viene l'immigrazione clandestina, seguita dalla sanità. Mentre alla domanda su quali fonti siano maggiormente responsabili della diffusione delle fake news in Italia, "le prime tre risposte sono state: politici, social network, tra cui è stato citato prevalentemente Facebook, e purtroppo i giornalisti, soprattutto quelli delle testate e dei media online", rivela la professoressa Romenti, sottolineando come dalla ricerca sia emersa "una forte sfiducia nei confronti degli esperti, dei politici e delle istituzioni".

Infatti, se gli italiani da una parte si dicono consapevoli del pericolo rappresentato dalla diffusione di notizie false, dall'altra per difendersi da esso pensano che sia meglio ricorrere non a persone competenti, ma a 'cittadini come loro', considerati dagli intervistati i più efficaci nel segnalare e verificare le bufale. Non stupisce quindi che "sulla capacità di riconoscere una fake news emergano - evidenzia la coordinatrice della ricerca - dati non particolarmente buoni: la percezione di essere in grado di controllare il fenomeno si attesta attorno al 46% tra i giovani. Un dato che aumenta con l'età e tra chi s'informa attraverso media più tradizionali".

Esperimenti condotti negli Stati Uniti hanno rivelato tra i ragazzi "un fenomeno - dice la professoressa Romenti - di vero e proprio analfabetismo digitale: è emerso come, soprattutto i più giovani, siano incapaci di distinguere una fonte e di capire se sia attendibile o meno. E io temo che per molti di loro non sia affatto chiaro come funziona la produzione delle notizie", dall'informazione primaria delle agenzie di stampa alle testate più note.

Per questo secondo l'accademica la promozione "dell'alfabetismo digitale è la strada che dovremmo percorrere per cercare di attenuare il fenomeno delle fake news". Con un impegno che, di fronte "a un fenomeno così grave e con ripercussioni a livello politico e internazionale molto rilevanti, deve assolutamente essere diffuso e condiviso" e chiamare in causa dagli investimenti in innovazione tecnologica alle istituzioni - nazionali e internazionali -, fino alle piattaforme digitali, ai politici e ovviamente anche le testate giornalistiche, che devono fare il possibile per far emergere la loro autorevolezza.

Da questo punto di vista, secondo la professoressa, "sicuramente può aiutare un'informazione meno a caccia di sensazionalismo. E poi il riconoscimento: i media tradizionali devono garantire spazio ai dati e alle fonti scientifiche e accreditate, sottolineando molto da chi provengono le informazioni, per sensibilizzare soprattutto le giovani generazioni, che fanno fatica a distinguere la qualità della fonte da cui vengono attinte le notizie". Utili - secondo Romenti - anche le strategie messe in campo dalle grandi piattaforme digitali (il più recente è l'aggiornamento di Google 'Helpful Content Update'), per classificare i contenuti sulla base della qualità, "facendo emergere quelli dal maggior valore informativo, piuttosto che quelli dai toni più sensazionalistici. Potrebbe essere una strada molto importante - osserva la professoressa - che le agenzie di stampa devono perseguire".

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