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Emicrania per 1 italiano su 10

31 maggio 2019 | 17.58
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Ogni anno il 2-3% dei casi diventa cronico

Immagine di archivio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Immagine di archivio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Un piccolo esercito nella Penisola costretto a fare i conti con l’emicrania, una forma di mal di testa caratterizzata da nausea, vomito, fastidio nei confronti di luce e rumore e dolore localizzato. "Si stima che quasi il 10% della popolazione italiana soffra di emicrania", oltre 6,5 mln di persone, "con una frequenza che va da un attacco di emicrania al mese fino a 15 giorni su 30 di sofferenze, con conseguenze anche pesanti sulla vita personale e lavorativa". A spiegarlo è Bruno Colombo, neurologo responsabile del Centro cefalee del San Raffaele di Milano, dal 13.esimo Congresso dell’European Headache Federation in corso ad Atene.

Le donne sono 2-3 volte più colpite, e il 2-3% dei pazienti è afflitto da forme croniche, "con più di 15 giorni al mese di emicrania per almeno tre mesi. E ogni anno il 2-3% delle forme passa da episodica a cronica. Con un impatto pesante sulla vita personale, scarsamente riconosciuto. Non più del 15-20% dei pazienti si sente capito dai colleghi o sul posto di lavoro: si tratta di una patologia sottostimata e sottovalutata", ha aggiunto Colombo.

"Se nel tempo alcune molecole come gli antidepressivi e gli antiepilettici si sono rivelate efficaci contro alcune forme di emicrania, la grande novità degli ultimi anni è legata alla scoperta di medicinali preventivi e specifici, senza effetti collaterali: questo potrà assicurare un’aderenza molto alta dei pazienti, che spesso abbandonavano la terapia proprio a causa degli effetti avversi", ha detto Colombo.

"Di recente tre anticorpi monoclonali sono stati autorizzati a scopo preventivo dalla Food and drug Administration (Fda) americana e dall’Agenzia europea del farmaco. Per noi l’idea di poter fornire ai pazienti strumenti per migliorare la loro qualità della vita è entusiasmante. Ora - ha aggiunto - si tratterà di decidere come gestire questi nuovi farmaci, piuttosto costosi. Occorre individuare con attenzione i sottogruppi di pazienti più adatti", ha concluso.

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