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'Enzima-filler' rende i tumori resistenti, studio italiano apre a nuove cure

18 novembre 2022 | 18.00
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'Enzima-filler' rende i tumori resistenti, studio italiano apre a nuove cure

Si chiama polimerasi theta, ma è stato ribattezzato 'enzima-filler' perché come un antirughe 'riempie' - e quindi ripara - le 'falle' che le terapie anticancro provocano al Dna delle cellule tumorali, rafforzandole e rendendole resistenti alle cure. A rinominarlo, spiegandone l'azione nella farmacoresistenza delle neoplasie, è un gruppo internazionale di ricercatori dell'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) e dell'Università Statale di Milano, in uno studio condotto nell'ambito del progetto Iang-Crc, pubblicato su 'Molecular Cell'. Il lavoro, sostenuto da Fondazione Airc e Frrb-Fondazione regionale ricerca biomedica, propone una nuova strategia terapeutica già arrivata ai test sull'uomo, potenzialmente alternativa a chemio e radioterapia.

Molti tumori cosiddetti big killer, come il cancro al seno, al colon, alla prostata e al polmone - ricordano da Ifom e UniMi - vengono trattati inizialmente con successo con approcci quali la chemioterapia e la radioterapia. Ma spesso, a distanza anche di pochi mesi, la malattia si ripresenta. Questo avviene perché si sviluppano cellule super-resistenti che diventano insensibili a tutti i trattamenti successivi, portando alla formazione di metastasi e alla morte dei pazienti in oltre la metà dei casi. "Individuare una strategia per superare la resistenza alle procedure terapeutiche antitumorali è una sfida che ci siamo posti nel nostro laboratorio - spiega Vincenzo Costanzo, a capo del Laboratorio Ifom Metabolismo del Dna e professore associato del Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia della Statale - L'obiettivo è ottenere risultati concreti per migliorare la risposta terapeutica dei pazienti oncologici, facendo avanzare le conoscenze in quest'ambito e individuando al contempo soluzioni più sicure ed efficaci".

Nel nuovo studio, illustra Costanzo, "ci siamo concentrati su un enzima altamente sospetto per essere implicato nello sviluppo di farmacoresistenza delle cellule tumorali: la polimerasi theta". Una proteina nota, tornata alla ribalta in tempi recenti per il suo ruolo nella replicazione dei virus, dall'Hiv a Sars-CoV-2, il cui coinvolgimento nello sviluppo delle neoplasie non era ancora stato esplorato nei dettagli. Soprattutto, non era chiaro quale fosse il suo meccanismo d'azione.

"Nelle cellule resistenti alla chemio e alla radioterapia - sottolinea Costanzo - sono presenti alte concentrazioni di fattori di riparazione e di duplicazione del Dna, che aiutano le cellule stesse a proteggersi dagli effetti delle terapie sul Dna stesso. Abbiamo pertanto indagato i meccanismi alla base di questi processi biologici, utilizzando tecniche avanzate di microscopia elettronica, combinate con metodi biochimici basati su estratti acellulari. Abbiamo anche orientato il nostro studio su una strategia terapeutica che è attualmente oggetto di una sperimentazione clinica".

"Nei nostri laboratori - riferiscono Anjali Mann, Miguel Ramirez e Anna De Antoni, autori dell'articolo - abbiamo cercato di indagare il meccanismo attraverso cui la polimerasi theta conferisce protezione alle cellule tumorali dagli effetti delle terapie. In particolare, ci siamo concentrati su cellule tumorali in coltura in cui il gene Brca2 era alterato. Questo gene, quando non è mutato, corregge i danni che si generano nel Dna. La mutazione di Brca2 è presente in più del 70% dei casi di tumori umani. Non solo nel cancro al seno, ma anche in quelli a ovaio, prostata, polmone e colon in percentuale minore". In assenza di Brca2, o quando vengono somministrate terapie, nel Dna danneggiato si formano delle lacune, delle aree in cui manca uno dei due filamenti che lo compongono, per la mancata duplicazione del Dna stesso. Questo indica che la cellula tumorale è sensibile alla cura. Complice del successo dei trattamenti è l'enzima Mre11, che digerisce il Dna lacunoso e fa morire la cellula tumorale.

"Quello che è emerso sorprendentemente in diretta durante l'osservazione al microscopio - raccontano i ricercatori - è una vera e propria lotta tra Mre11 e polimerasi theta: mentre il primo provoca tagli letali al Dna della cellula tumorale, la seconda li ripara, chiudendo le discontinuità che si creano nel Dna durante la sua replicazione e prevenendone la degradazione". In sostanza, commenta Costanzo, "la polimerasi theta agisce un po' come un filler antirughe, cicatrizzando i solchi e rivestendo il Dna della cellula tumorale con una barriera protettiva contro le terapie".

Gli scienziati Ifom si sono quindi concentrati sul meccanismo d'azione di una terapia a bersaglio molecolare già in sperimentazione clinica. Un trattamento che era stato inizialmente pensato come coadiuvante della radioterapia, con l'obiettivo di curare le eventuali recidive riparando all'azione filler della polimerasi theta.

"Si tratta di una terapia - descrive Costanzo - che distrugge in modo selettivo le cellule con difetti in Brca2 o resistenti ad alcuni tipi di terapia, tramite un processo detto di letalità sintetica. Quest'ultimo sfrutta l'inattivazione simultanea di due fattori che quando sono compromessi individualmente non hanno impatto sulla vitalità cellulare, risparmiando così le cellule non tumorali in cui il difetto genetico di Brca2 è assente. Quello che è emerso dalle nostre ricerche è che questa strategia terapeutica attualmente in sperimentazione presenta un potenziale attualmente inesplorato. Può infatti non solo bloccare l'azione della polimerasi theta, ma addirittura evitare che abbia luogo, prevenendo del tutto l'insorgenza della recidiva. Potrebbe dunque essere un'alternativa alla radioterapia e alla chemioterapia. Se i risultati fossero confermati, ciò sarebbe un grande vantaggio per i pazienti perché, contrariamente alla radio e alla chemio, questa terapia agisce solo sulla resistenza intrinseca alle cellule tumorali, risparmiando tossicità alle cellule sane dell'organismo dei pazienti".

Il prossimo passo del team diretto da Costanzo sarà di valutare in laboratorio il farmaco direttamente in tumori umani - si legge in una nota - per comprendere a quali pazienti e a quali tipi di tumore si applichi più efficacemente e quando l'inibitore di polimerasi theta debba essere somministrato per ottenere la massima resa.

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