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"Pestaggio degno di teppisti da stadio"

20 settembre 2019 | 11.40
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Durante la sua requisitoria il pm Musarò ha ricordato le parole di uno dei testimoni chiave per la riapertura del caso di Stefano Cucchi. La sorella: "Sono commossa, lo Stato è con noi"

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

di Daniele Dell'Aglio

"Quello di Stefano Cucchi è stato un pestaggio degno di teppisti da stadio". E' il giorno dell'accusa all'udienza nell'aula bunker di Rebibbia per il processo bis sulla morte di Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 per droga e deceduto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Accanto al pm Giovanni Musarò c'è il Procuratore facente funzioni Michele Prestipino, segno dell'importanza di questa giornata. Sul banco degli imputati ci sono cinque carabinieri: Francesco Tedesco, il supertestimone che, a nove anni di distanza, ha rivelato  che il geometra 31enne venne 'pestato' da due suoi colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, accusati come lui di omicidio preterintenzionale. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia (nei confronti di agenti della polizia penitenziaria) risponde il militare Vincenzo Nicolardi. "Il primo processo, nel quale erano imputati per il pestaggio di Stefano Cucchi tre agenti di polizia penitenziaria, fortunatamente sempre assolti, è stato un processo kafkiano" ha detto Musarò puntando il dito contro anni di insabbiamenti e depistaggi. "Il verbale di arresto di Stefano Cucchi è il primo atto di depistaggio di questa vicenda perché i nomi di Tedesco, Di Bernardo e D'Alessandro non compaiono nel documento" ha spiegato. "Cucchi fu portato in carcere perché il maresciallo Mandolini scrisse nel verbale di arresto che era un senza fissa dimora ma lui in realtà era residente dai genitori; senza quella dicitura forse sarebbe finito ai domiciliari e oggi non saremmo qui in questo processo. Questo giochetto è costato la vita di Cucchi" ha affermato il pm.

La vera svolta è arrivata grazie alla 'confessione' di Tedesco, "l'unico che ci ha messo la faccia, nessuno si è presentato per rendere dichiarazioni spontanee. Le sue parole sono importanti perché rappresentano la caduta del muro, ma le prove di quanto accaduto sono già tutte nel fascicolo" ha sottolineato Musarò, ricordano poi le fasi del pestaggio, riferite nei dettagli da Tedesco in aula in Corte d'Assise lo scorso aprile. Il carabiniere aveva detto che la notte dell'arresto Cucchi fu pestato dai suoi due colleghi nella caserma della Compagnia Casilina. "Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D'Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: 'Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete'. Ma Di Bernardo proseguì nell'azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva. Quindi D'Alessandro gli diede un calcio in faccia. Per dieci anni si sono nascosti dietro le mie spalle" era sbottato in aula Tedesco riferendosi proprio a Di Bernardo e D'Alessandro. "A differenza mia, non hanno mai dovuto affrontare un pm. L'unico ad affrontare la situazione e ad avere delle conseguenze ero io" aveva aggiunto. Musarò ha quindi sottolineato come la caduta a terra di Cucchi seguita al pestaggio sia "costata la vita a Stefano Cucchi. Ma non fu una caduta accidentale, è stato pestato". Il pm ha poi ricordato il contributo decisivo di altri testimoni, a partire dal carabiniere Riccardo Casamassima che nel 2015 diventò supertestimone decisivo per l'apertura dell'inchiesta bis. "Hanno massacrato di botte un arrestato, non sai in che condizioni lo hanno portato" riferì Casamassima spiegando inoltre che il maresciallo  Mandolini disse che "cercavano di scaricare la colpa su alcuni agenti della penitenziaria".

La sorella: "Sono commossa, lo Stato è con noi

Ci sono state poi anche le parole di un altro testimone chiave per la riapertura del caso, Luigi Lainà, un detenuto che incontrò Cucchi il giorno dopo il suo arresto, il quale disse che Cucchi "stava proprio acciaccato de brutto, era gonfio come una zampogna sulla parte destra del volto". Musarò ha sottolineato che quando Cucchi venne arrestato, pesava 43 chili e quando morì ne pesava 37. "Questo notevole calo ponderale  - ha detto oggi aula - è riconducibile al trauma dovuto al violento pestaggio, non certo a una caduta come si disse all'epoca. Cucchi perse 6 chili in 6 giorni. Non mangiava per il dolore, non riusciva neppure a parlare bene". Parole che ridanno un po' di pace alla famiglia Cucchi. "Mi piacerebbe che Stefano potesse aver sentito oggi le parole del pm, penso che oggi sarebbe felice" ha detto al termine dell'udienza la sorella di Stefano, Ilaria. "Oggi abbiamo fatto un grande passo avanti".

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