Milano, 13 giu. (Adnkronos Salute) - "Non siamo 'eutanasisti'". Lo precisano gli anestestiti-rianimatori italiani dell'Aaroi-Emac, dopo il clamore mediatico suscitato dalla 'confessione' di un collega in pensione a un giornale sardo e "i successivi interventi ancor più fuorvianti che vorrebbero equiparare il significato delle parole il significato del medico al concetto di 'desistenza terapeutica'". Per gli anestesisti-rianimatori, "le questioni etiche legate ai delicati temi del 'fine vita' sono troppo complesse per essere affrontate in questo modo".
L'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani-emergenza e area critica, in una nota, prende quindi "le distanze da ogni interpretazione strumentale di una recente intervista a un collega", che ha dichiarato che "la dolce morte è una pratica consolidata negli ospedali italiani, ma per ragioni di conformismo e di riservatezza non se ne parla". Precisa l'Aaroi-Emac: "Agli anestesisti rianimatori italiani, il cui operato deve attenersi alle norme di legge vigenti e, secondo scienza e coscienza, al codice deontologico, nel rispetto dei pazienti e dei loro familiari, non può, per altrettanto rispetto che è loro dovuto, essere attribuita l'etichetta di 'eutanasisti'".
"Il progresso scientifico e tecnologico è oggi molto più rapido di quello sociale e giuridico - proseguono gli esperti - ma proprio per questo motivo non può continuare ad essere terreno di scontro di differenti, e spesso individuali, posizioni culturali o religiose, né tantomeno di interventi contraddittori della magistratura, com'è avvenuto in diverse occasioni, per esempio, di recente, nel caso Stamina. Ai politici, ai giuristi, e agli esperti di bioetica, se ne sono in grado - conclude l'associazione - spetti e basti l'onere di affiancare ai mezzi di cui dispone la scienza medica strumenti legislativi e ordinamentali diversi, e/o migliori, di quelli attuali".
