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Ex Br Persichetti: "Battisti esibito come un trofeo, è barbarie"

14 gennaio 2019 | 17.33
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"Siamo alla barbarie. Un trofeo esibito e la muta che lo rincorre". A parlare all'Adnkronos è l'ex brigatista Paolo Persichetti, compagno di 'esilio' a Parigi con Cesare Battisti, Oreste Scalzone e tanti altri fuoriusciti italiani che nel 2002 fu tra l'altro il primo estradato in 'violazione' della dottrina Mitterrand. Saggista, sociologo, giornalista, ex appartenente alla colonna romana delle Brigate Rosse- Unione Comunisti Combattenti (si è preso una condanna a 22 anni per concorso morale nell'uccisione del generale dell'aeronautica Licio Giorgieri) Persichetti, che a Battisti è legato dalla lunga esperienza francese ("una comunità di destino", dice) più che un fatto personale ne fa una questione di diritto e di giustizia.

"Nel caso Battisti la Bolivia non ha esercitato nemmeno la sovranità più elementare, neppure ha provato a salvare le apparenze pretendendo una formale richiesta di estradizione dall'Italia - spiega l'ex Br - Il 'compagno' Morales lo ha semplicemente rispedito in Italia al di fuori di ogni regola". E in Italia, sottolinea, le cose andranno nello stesso modo: "Non gli rifaranno un nuovo processo, come pure avevano assicurato alla Francia quando ne chiedevano l'estradizione, né gli faranno scontare 30 anni, come da accordi presi con il Brasile. Qui Battisti si farà l'ergastolo. Con Salvini che, violando tutti i principi di separazione dei poteri, da ministro dell'Interno già ha deciso che 'non avrà benefici'. Una barbarie giuridica, peraltro applaudita da buona parte della sinistra. Stiano attenti quelli che plaudono a violazioni di una tale portata, però, perché poi si arriva anche a loro", sottolinea.

"Visti i rapporti poco idilliaci di Macron con questo governo, mi chiedo se il presidente francese mai vorrà pretendere il rispetto degli impegni presi dall’Italia sul processo da rifare", dice ancora Persichetti. "Battisti viene descritto come l'eterno latitante, l'uomo in fuga, ma in realtà si è sempre avvalso delle prerogative sovrane degli Stati che lo hanno ospitato - sostiene l'ex Br - E' sempre stato nella legalità in Francia, in Brasile, perfino in Bolivia, dove aveva chiesto asilo. I periodi di latitanza effettiva si riducono di fatto a quell'anno e mezzo prima che lo arrestassero in Brasile. Anche l'accesso illegale a La Paz è opinabile perché lui aveva con sé il documento brasiliano per i residenti esteri, riconosciuto in molti Paesi dell'America Latina".

"Lo hanno descritto come uno dei salotti, viveva in una soffitta" dice ancora. "C'è una costruzione del mostro, del personaggio... - ragiona Persichetti analizzando da sociologo immagini e notizie di questi giorni - La birra, il ghigno, il sorriso strafottente, la barba finta che finta non è... Lo hanno descritto come uno che si godeva la vita, la bella gente... Ma Battisti viveva in una soffitta e faceva il portiere. Lavorava in un sottoscala dove c'era un computerone su cui scriveva, però nell'immaginario era uno che viveva nei salotti francesi. Ha pensato di salvarsi con la scrittura ed è finito intrappolato nella figura dell'intellettuale da salotto".

"Dicono è finita la pacchia - aggiunge - Ma non sanno di cosa parlano, l'esilio è una vita dura, è la vita del sans papier, con la differenza che loro c'hanno la pelle di un altro colore e questo li espone a maggiori controlli della polizia. Nessuna assistenza sanitaria, niente soldi... ti devi arrangiare, sbarcare il lunario, e lui aveva sublimato imparando il mestiere dello scrivere, e poi è rimasto vittima del personaggio".

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