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Ex Ilva, ArcelorMittal si difende

01 febbraio 2020 | 14.08
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La memoria difensiva depositata dagli avvocati della multinazionale dell'acciaio con cui il gruppo replica ai Commissari straordinari: "Molteplici affermazioni erronee e offensive"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Sono "molteplici" le affermazioni "erronee e gratuitamente offensive" contenute nella memoria dei Commissari dell'Ilva As "in relazione, fra l’altro, alla nota vicenda di Afo2 e a inesistenti inadempimenti o condotte illecite di A.Mittal". Prendono avvio così le 60 pagine della memoria difensiva depositata ieri sera dagli avvocati della multinazionale dell'acciaio con cui il gruppo replica ai Commissari straordinari nella memoria presentata da Ilva As il 20 gennaio scorso al Tribunale di Milano.

"Lungi dal mistificare la realtà, A.Mittal si è limitata a descrivere in maniera oggettiva la grave situazione", soprattutto quella relativa ad Afo2 ed è "altresì infondato affermare che non si sarebbe 'mai attivata, né avrebbe in alcun modo cooperato con Ilva al fine di operare gli impianti in adempimento delle Prescrizioni'". Anzi, si legge ancora nella memoria difensiva, "pur nei limiti dei rispettivi ruoli e responsabilità, AM ha sempre confermato la piena disponibilità a fornire la collaborazione richiesta dalle ricorrenti". "Fra l’altro, AM ha diligentemente collaborato con Ilva formulando proprie soluzioni tecniche, nominando un apposito referente nonché fornendo tutte le informazioni e la documentazione richieste", si legge ancora.

"AM - continua la memoria difensiva - non ha affatto depredato il magazzino per restituire un impianto privo delle materie prime necessarie ad assicurare la continuità produttiva. AM ha anche fornito un quadro di consistenza del Magazzino veritiero ed esaustivo, concernente le quantità complessive di materie prime in giacenza al 31 ottobre 2019". "AM non ha mai detto che, nel momento in cui è legittimamente receduta dal Contratto, il 'deposito di materie prime […] era sostanzialmente quasi vuoto'", prosegue la memoria che accusa i Commissari di aver "travisato" il paragrafo della memoria del 16 dicembre 2019.

E ancora: "È smentito dai fatti il 'processo di progressiva dismissione' suggestivamente descritto dalle ricorrenti. Al contrario, A.M ha adeguato la gestione dei propri impianti alla crescente concorrenza, alla ridotta domanda di acciaio in Europa e alla relativa sovraccapacità produttiva globale sulla base di una razionale scelta gestoria compiuta da imprese di acciaio in tutta Europa". La difesa arriva al termine della ricostruzione puntigliosa di tutte le accuse girate ad ArcelorMittal circa la chiusura di altri centri siderurgici in Europa messe in relazione al dossier Taranto. "Ancora più incoerenti e diffamatorie sono le affermazioni avversarie sulle inquietanti e sinistre analogie con la storia di altri centri siderurgici gestiti dal gruppo AM in Europa", si legge nella memoria che rispedisce al mittente anche le accuse di "capitalismo d'assalto" formulate da Ilva As.

Per quanto riguarda il centro siderurgico di Liegi, "prima che arrivasse AM era un nugolo di impianti dislocati nell’entroterra del Belgio, caratterizzato da costi fissi fino al 100% più elevati della media, bassa produttività 104 e costanti scontri con i sindacati". Il suo ridimensionamento fu dovuto "alla generale crisi economica nel 2008 e dell’ulteriore aggravamento nel 2011 della crisi verificatasi nel mercato europeo dell’acciaio", scrivono ancora gli avvocati di AM che respingono anche le accuse relative alla chiusura del polo siderurgico in Romania. "Non è vero che gli stabilimenti del gruppo AM in Romania sono stati ormai completamente ed irreversibilmente dismessi": l’attività di tali stabilimenti "è stata sospesa soltanto temporaneamente" e i 640 dipendenti "sono in aspettativa tecnica dal 1° dicembre 2019 a causa degli elevati costi energetici e della bassa domanda di mercato".

Per il gruppo "è paradossale che, invece di chiedere un sequestro o pretendere la restituzione degli impianti, le ricorrenti insistano affinché AM sia obbligata a continuare a eseguire il Contratto nonostante la ritengano inidonea a svolgere la relativa attività industriale e a preservare l’impresa a causa dei molteplici (inesistenti) inadempimenti che le hanno attribuito anche nella memoria difensiva". Infatti, si legge ancora, con la minacciosa richiesta "di un’inammissibile" penalità di mora "dall’iperbolico importo di 1 miliardo di euro, le ricorrenti pretendono che sia ordinato ad AM di eseguire il Contratto (incluse le prestazioni relative all’attuazione del Piano Ambientale) e di gestire un impianto gravemente deficitario, così esponendosi a seri rischi di responsabilità anche penale in conseguenza dell’eliminazione della Protezione Legale". E tutto questo, continua ancora ArcelorMittal, perché Ilva "si dichiara improvvisamente 'inidonea' a riprendere la gestione dello stabilimento e a portare a termine il Piano Industriale ed Ambientale".

Secondo la multinazionale, "sono diffamatorie tutte le allegazioni relative agli asseriti danni a impianti di interesse strategico nazionale derivanti dalla presunta mala gestio di AM o dalle modalità con cui avrebbe inteso restituirli a Ilva" e "non sussiste alcun elemento idoneo a dimostrare un 'pericolo imminente e irreparabile' per lo stabilimento tale da giustificare l’intervento cautelare ex art. 700".

Il rischio di frustrare “lo scopo al quale era finalizzata la lunga procedura competitiva” per la vendita dei Rami d’Azienda e lasciare “irrisolte le situazioni ambientali delle aree interessate” , d'altra parte, rileva ancora la memoria difensiva del Gruppo A.Mittal, "non deriva dalle condotte di AM, bensì da una precisa scelta governativa e politica diretta alla “riconversione e riqualificazione industriale” dello stabilimento di Taranto, attuata anche attraverso l’eliminazione della Protezione Legale: ossia, delle “condizioni per la realizzazione del Piano Ambientale” (e del Piano Industriale) nello stabilimento e nella area a caldo".

Insomma, prosegue la memoria, "è soltanto da queste scelte legislative (adottate in piena coscienza delle loro conseguenze sull’attività degli stabilimenti tarantini) - come dall’ingiustificato rifiuto di accettare la restituzione dello stabilimento da parte delle ricorrenti e dall’indisponibilità governativa di trovare una soluzione a livello istituzionale - che deriverebbero i rischi paventati nel ricorso e nella memoria avversari a preteso (e insussistente) fondamento delle domande cautelati".

"AM - si legge ancora -, andando ben oltre i propri obblighi contrattuali, sarebbe disposta a concordare - in buona fede e anche sotto la supervisione dell’Ecc.mo Giudicante - le modalità per garantire la più agevole restituzione dei Rami d’Azienda e venire incontro alle esigenze di Ilva (mentre quest’ultima si è limitata a opporre il proprio pervicace rifiuto a riprendere la gestione)", scrive l'azienda, al termine di un ragionamento sull'irrilevanza attuale di un programma di fermata graduale degli impianti.

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