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Maxioperazione antimafia a Palermo, sgominata la nuova Cupola di Bagheria: 31 fermi

05 giugno 2014 | 09.18
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Oltre cinquecento i carabinieri impegnati nel blitz. In carcere capi e gregari del mandamento. Il colonnello Iannotti all’Adnkronos: “Nessuna impresa si salva dal pizzo, ma per la prima volta 20 vittime hanno collaborato”

(Infophoto) - INFOPHOTO
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Sgominata la nuova Cupola di Cosa nostra di Bagheria, grosso centro alle porte di Palermo, dove i Carabinieri hanno eseguito 31 fermi nell’ambito dell’operazione antimafia ‘Reset’. Sono oltre cinquecento i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo impegnati nel blitz. In carcere capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina, detenzione illecita di armi da fuoco e danneggiamento a seguito di incendio.

Gli investigatori hanno completamente disarticolato il mandamento di Bagheria, storica roccaforte di Cosa nostra. Insieme ai reggenti dell’ultimo decennio del mandamento e delle famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia, sono stati tratti in arresto “pericolosi uomini d’onore della consorteria mafiosa”, come dicono gli inquirenti. Le investigazioni, in particolare, hanno consentito sia di documentare l’esistenza di un vero e proprio Direttorio di Cosa nostra, un organo decisionale provinciale, sia di accertare l’esistenza all’interno della consorteria di un vertice strategico, in gergo “la testa dell’acqua”, al quale doveva obbedienza anche il reggente operativo del mandamento.

Sono stati inoltre identificati gli esecutori materiali dell’omicidio di Antonino Canu, avvenuto a Caccamo il 27 gennaio 2006, e del tentato omicidio di Nicasio Salerno, a Caccamo il 23 agosto 2005. Le acquisizioni raccolte hanno, infine, consentito di documentare ben 44 estorsioni, quattro danneggiamenti a seguito di incendio, una rapina e una tentata rapina. Quattro i progetti di rapina sventati grazie all’intervento “preventivo” dei carabinieri.

C’è anche una casa di riposo di Bagheria tra le vittime del pizzo di Cosa nostra.

Dopo i fermi è trapelata la notizia che nel marzo scorso un imprenditore di Bagheria, Giuseppe Sciortino, dopo aver denunciato i suoi estorsori, facendo nomi e cognomi, si è ucciso impiccandosi. Stanco delle vessazioni subite, l’imprenditore, “era sul lastrico”, come ha detto il Procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci.

In conferenza stampa, il Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, ha dichiarato: “Bagheria è uno dei luoghi fondanti della mafia, non dimentichiamoci che parte della latitanza del boss Provenzano è stata trascorsa proprio in quei luoghi”.

In carcere, tra gli altri, Giuseppe Di Fiore e Nicolò Greco, nomi noti agli inquirenti. Fiore, secondo i magistrati, sarebbe il braccio operativo di Greco, considerato la ‘testa dell’acqua’.

Nicolò Greco è il fratello di Leonardo Greco, ex capo mafia di Bagheria. Tra i fermi anche Carlo Guttadauro, fratello di Filippo e Giuseppe, capo decina di Aspra, che negli anni Novanta reggeva i rapporti con il mondo dell’imprenditoria.

Il colonnello Pierangelo Iannotti, Comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, commentando la maxioperazione antimafia, ha detto all’Adnkronos: “Nessuna impresa o attività commerciale si salva dalla cosiddetta ‘messa a posto’ o dall’imposizione di ditte da cui rifornirsi o a cui subappaltare lavori o, ancora, alle quali rivolgersi per effettuare lavori soprattutto nel settore del movimento terra”.

Per la prima volta i commercianti della zona di Bagheria hanno deciso di denunciare i propri estorsori e collaborare con gli inquirenti. “Sì, è la prima volta che succede una cosa del genere con riferimento al contesto ambientale - ha dichiarato Iannotti - davanti alla mole di elementi investigativi che avevamo acquisito al riscontro, venti vittime hanno confermato questa pressione estorsiva che subivano da decenni”.

Sono 44 gli atti estorsivi scoperti dagli inquirenti. “Diciannove sono le estorsioni consumate e altre 25 quelle tentate”, ha detto ancora il colonnello Iannotti. “Dalle pescherie alle macellerie - ha precisato - ai supermercati, hanno tutti collaborato e le loro dichiarazioni sono state determinanti per l’indagine culminata nei 31 fermi”.

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