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Yara, pm: “Il killer ha seviziato la vittima e agito con crudeltà”

17 giugno 2014 | 11.29
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Nel provvedimento di fermo di Bossetti: “Con sostanziale e assoluta certezza compatibilità tra i due Dna”. Il procuratore di Bergamo: “Volevamo il massimo riserbo”. Alfano: “Si chieda chi ha diffuso i dettagli”. Il questore: “Il caso non può considerarsi chiuso”. (VIDEO). Il presunto killer incastrato dal Dna. L’intuizione di due poliziotti biologi

Yara, pm: “Il killer ha seviziato la vittima e agito con crudeltà”

Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, è accusato di “omicidio con l’aggravante di aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà”. E’ quanto si legge nel provvedimento di fermo firmato dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri titolare dell’inchiesta sul delitto di Yara uccisa a Brembate il 26 novembre 2010. Al presunto colpevole non viene contestata la premeditazione.

Nel capo di imputazione si legge inoltre che il presunto colpevole ha colpito Yara “con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo” e “abbandonandola agonizzante in un campo isolato ne cagionava la morte”.

Quanto alla comparazione tra il profilo biologico estratto dagli indumenti di Yara e quello di Bossetti, questa mostra “con sostanziale e assoluta certezza la compatibilità’’ tra i due Dna, è scritto nel provvedimento di fermo. Un confronto che, per l’accusa, dimostra la colpevolezza dell’indagato.

Elementi da associare “all’analisi delle celle telefoniche” il giorno della scomparsa di Yara (il cellulare di Bossetti aggancerebbe la cella di Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della 13enne) e “le polveri riconducibili a calce” trovate nei polmoni della vittima (secondo l’esame autoptico) e ‘compatibili’ con il lavoro svolto dal 44enne muratore di Mapello, il quale potrebbe aver avuto facile accesso a un cantiere edile della zona.

Secondo indiscrezioni il presunto assassino sarebbe il nipote biologico (non anagrafico, perché figlio illegittimo) della donna di servizio della famiglia Gambirasio. Ma Enrico Pellillo, avvocato della famiglia Gambirasio, toglie ogni dubbio sui legami tra il presunto assassino e Yara: “Nessuno sapeva chi fosse fino a ieri”. “E’ un nipote biologico probabilmente inconsapevole di esserlo”, aggiunge.

Il legale chiarisce poi che nella famiglia “nessuno ha esultato, sono persone molto pacate e misurate che hanno avuto fiducia nelle indagini”. Il fermo di Bossetti per il legale non rappresenta un punto di arrivo ma “un punto di partenza. Non abbiamo più indagini a carico di ignoti” e ora la famiglia di Yara “è fiduciosa negli sviluppi” che questa svolta potrà portare nell’inchiesta.

Una fonte descrive Bossetti un uomo “scosso, provato” dalla prima notte in carcere e “preoccupato per la famiglia”. Lunedì è stato interrogato nella caserma dei carabinieri e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sposato con tre figli minori, una moglie e un lavoro come muratore, Bossetti risulta incensurato.

A parlare è anche il suo avvocato di fiducia, Silvia Gazzetti. “Vige la presunzione di innocenza”, ma soprattutto, rimarca, “bisogna avere rispetto per tutte le parti coinvolte: dalla famiglia Gambirasio a quella del mio assistito che ha tre figli minori”.

Procura: volevamo il massimo riserbo - Intanto il procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettori, interviene sulla decisione del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, di rendere pubblica la svolta sul caso di Yara con il fermo di Massimo Giuseppe Bossetti. ”Non c’è nessuna polemica, ma questa situazione non mi è piaciuta” dice Dettori. “Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo - afferma il procuratore - Questo anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza”.

Replica il ministro dell’Interno: “In un giorno di grandi successi occorre evitare polemiche, e non sarò io a farle: non avendo dato alcun dettaglio credo che il procuratore di Bergamo non ce l’abbia con me”. “Piuttosto - rimarca Alfano - si dovrebbe chiedere chi ha inondato i mass media di informazioni e dettagli in quantità infinita: non è stato certo il governo. E in ogni caso - taglia corto il titolare del Viminale - l’opinione pubblica aveva il diritto di sapere e ha saputo. E questo è stato un elemento di rassicurazione, perché nel nostro Paese chi uccide va in galera”.

Ma il procuratore capo ribadisce che gli inquirenti volevano mantenere il silenzio almeno fino alla convalida del fermo di Bossetti. “Il ministro Alfano può avere l’opinione che vuole”, dice Dettori a chi gli riferisce le parole del ministro.

Sulla questione taglia corto il questore di Bergamo, Fortunato Finolli: “Non mi risulta nessuna polemica in materia, non sono né il Viminale né la Procura”. In un breve incontro con la stampa il questore sottolinea il lavoro “di piena collaborazione con i carabinieri, come non si è mai vista prima” (VIDEO), ma ribadisce che è troppo presto per poter parlare di caso chiuso perché “dobbiamo svolgere ancora una serie di accertamenti, dobbiamo attualizzare la presenza di Bossetti a 4 anni fa” quando ci fu la scomparsa di Yara. Quelli degli inquirenti “non sono tempi giornalistici” per cui il questore non si lascia andare ad ulteriori dettagli sul fermo del presunto killer.

Il questore Finolli aggiunge che il caso di Yara Gambirasio “non può considerarsi chiuso fino a quando non interverrà una sentenza definitiva” e che vi sono “numerosi altri accertamenti da svolgere” su Massimo Giuseppe Bossetti per capire se abbia agito da solo o se qualcuno lo abbia coperto. Sul ruolo della madre del presunto assassino è secca la replica: “Per i congiunti il favoreggiamento non esiste”.

Questo è un caso in cui “la giustizia è arrivata e va perfettamente calibrandosi tanto da farlo ritenere perfettamente risolto. Ma prima di dire questo attendiamo ancora qualche giorno” dice il procuratore generale di Brescia, Pier Luigi Maria Dell’Osso, sottolineando come sia necessario “non dare mai nulla per scontato” in questi casi. Il caso “sarà chiuso quando una serie di accertamenti saranno conclusi e quando ci saranno altri interrogatori”.

Le reazioni - Beppe Grillo sulla sua bacheca Facebook va all’attacco del titolare del Viminale: “Il ministro Alfano l’ha fatta grossa. Siamo letteralmente senza parole. E’ gravissimo quello che è successo”.

Mentre per il viceministro della Giustizia, Enrico Costa, “è importante da parte di tutti evitare le polemiche e apprezzare coralmente un grande risultato investigativo. Per questo non ho compreso la reazione del procuratore di Bergamo. I cittadini non avevano forse il diritto di conoscere una notizia così rilevante?” chiede Costa.

“Evidentemente se un annuncio è stato dato, si sono avute tutte le cautele del caso” dice il coordinatore del Nuovo centrodestra, Gaetano Quagliariello.

Ma l’avvocato Giulia Bongiorno si chiede su Twitter: “Se poi, per caso, l’assassino di Yara non fosse quello che nel giro di poche ore è stato condannato dal ministro Alfano e media, che si fa?”.

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