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Caso Yara, il criminologo: "Bossetti sarà scagionato, il Dna non basta"

23 agosto 2014 | 15.35
LETTURA: 4 minuti

Ezio Denti lancia all'Adnkronos: "I laboratori non mentono, ma il Dna è trasportabile, dove sono le altre prove? Con quello che la procura ha in mano non credo si arriverà neanche a processo. Questo è accanimento per porre fine a un caso in cui ci sono stati tanti errori"

Caso Yara, il criminologo:

Massimo Giuseppe Bossetti "sarà scagionato. Il Dna è una prova, ma sfido qualsiasi genetista a dire che non è trasportabile; dunque dove sono gli elementi che dimostrano che lui ha ucciso Yara?". E' un duello ambizioso e piuttosto impopolare quello che il criminologo investigativo Ezio Denti lancia attraverso l'Adnkronos, a poche ore dalle ultime indiscrezioni sull'omicidio della 13enne Gambirasio. Un omicidio per cui, dal 16 giugno scorso, si trova in carcere il 44enne muratore bergamasco. "Bossetti è nato per essere scagionato", contro di lui ci sono "elementi discutibili" e poco importa se l'opinione pubblica sembra aver bisogno di un colpevole, "si dovrà ricredere, perché contro un sospettato servono prove" e con quello che la procura ha in mano "non credo si arriverà neanche a processo", sentenzia il professionista, inizialmente contattato dalla difesa dell'indagato.

Nei panni del garantista, il criminologo Denti ci sta da sempre "per la ferma convinzione che ciascun cittadino meriti un'equa difesa. Questo è accanimento contro un soggetto, poco importa se si chiama Rossi o Bossetti, per porre fine a un caso in cui ci sono stati tanti errori. Io non metto in dubbio il Dna, i laboratori non sbagliano, ma come sia finito sul corpo della vittima deve spiegarlo la procura e farlo oltre ogni ragionevole dubbio".

Di Bossetti, dopo l'archiviazione di Mohammed Fikri (finito in carcere per una traduzione sbagliata e poi rilasciato, ndr), "non emergerà altro che la presenza della sua firma genetica e questo non basterà a condannarlo. Ricordo - dice - un caso in cui il presunto colpevole finì in galera perché il suo Dna fu trovato sul corpo della vittima, uccisa a colpi di cacciavite. Un cacciavite con cui fu ferito in una rissa due giorni prima dell'omicidio e il suo aggressore, reo confesso, risultò il vero colpevole". Ci sono "diversi casi di giurisprudenza dove il Dna da solo non è mai bastato a mandare in galera nessuno", aggiunge.

Il furgone ripreso dalle telecamere di sorveglianza della banca, la sera della scomparsa di Yara Gambirasio, "non corrisponde - spiega il criminologo investigativo Denti - alla sagoma di quello del sospettato" e anche il video che mostra un'auto "ho spiegato che non combacia con la sua Volvo", né le celle telefoniche "dimostrano la sua presenza" sulla scena del delitto. "La cella di Mapello può essere 'agganciata' anche da casa Bossetti e da alcune prove fatte personalmente questo è dimostrabile; quindi mentre Yara veniva colpita lui poteva essere nella sua abitazione", sottolinea l'esperto.

"Magari il 44enne resterà indagato a vita, ma se è solo questo che ha in mano la procura non credo che chiederà il giudizio immediato e non credo si arriverà al processo. Se con questi elementi fosse condannato cambierei Paese". L'onore della prova "spetta al pm e per ora di prove non ce ne sono: non ci sono testimoni oculari, non ci sono tracce della vittima sul furgone o sull'auto e non c'è altro. Non ci interessa - conclude - sapere se andava al solarium o si ossigenava i capelli: questo non fa di Bossetti un assassino".

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