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Tutti con i baffi per sconfiggere il cancro ma l'Italia resta indietro

05 ottobre 2014 | 15.43
LETTURA: 4 minuti

Movember, la campagna globale contro il tumore alla prostata, in nove anni ha raccolto oltre 559 milioni di dollari. Noi siamo ancora 'ufficialmente' fuori. Nel nostro Paese l'attenzione popolare non 'travolge' ancora il mondo accademico

Dalla campagna in Irlanda
Dalla campagna in Irlanda

Pare che agli italiani i baffi non piacciano abbastanza. Peccato. Avrebbero potuto essere una grande opportunità, da tanti punti di vista. E' partita ufficialmente la campagna globale 'Movember' 2014, quella che trasforma uomini e donne in simpatici baffuti in nome della lotta al tumore alla prostata, ma l'Italia 'ufficialmente' è ancora fuori. Non è detta però l'ultima parola: se ci rimboccassimo le maniche forse un giorno potremmo esserci...

'M' da Mustache (in inglese baffo), 'ovember' da november (novembre), uguale Movember, l'organizzazione globale, nata in Australia, responsabile dello spuntare a Novembre di 'simbolici' baffi sulla faccia di oltre 4 milioni di uomini e donne in tutto il mondo, Italia 'ai primi passi' compresa. Un movimento transnazionale che dal 2003 al 2012 ha raccolto oltre 559 milioni di dollari (i dati del 2013 saranno svelati a breve) e ne ha devoluti almeno 500 al finanziamento di più di 800 programmi permanenti in 21 paesi dove la presenza del movimento è stata ufficializzata mentre il restante 10% è gestito dal Global Action Program (Gap - il Programma di azione globale lanciato nel 2010 di cui fanno parte oltre 300 ricercatori, tra i migliori specialisti al mondo). A riceverli Australia, Austria, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Singapore, SudAfrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti, stati questi che ospitano la 'campagna ufficiale'.

L'Italia invece, collocata da Movember nel 'Rest of the World' (il Resto del Mondo), in tutto "è stata 'premiata' con 25.250 euro, a lei assegnati nell'ambito di Gap 3 (una delle cinque aree d'intervento del Global action program, Programma di azione globale di Movember - ndr) e ne deve esser fiera - spiega all'Adnkronos Jenny Malsen, la 'voice australiana' del Movimento - Perché ancora non abbiamo lanciato la campagna ufficiale nel vostro paese".

"Abbiamo moltissimo lavoro da fare prima di stabilirci ufficialmente in un paese: guardare all'interesse che il Movimento suscita tra la gente e la comunità scientifica, ai potenziali partner con cui lavorare, attivare i procedimenti di 'due diligence' per verificare che i fondi vadano a giusta destinazione. Quindi partiamo con la campagna ufficiale: lancio del sito web, agenzie di relazioni esterne. Ma in Italia - spiega - non siamo ancora arrivati a questo stadio. La osserviamo con interesse, come altri paesi ed apprezziamo il fatto che la 'base' sia coinvolta nonostante noi non siamo operativi sul vostro territorio".

Un coinvolgimento popolare spontaneo che purtroppo non ha ancora del tutto incuriosito e travolto il mondo accademico e le più prestigiose società di urologia e oncologia italiane. "Conosce Movember?". "So che esiste, ma non è ancora diffusa come notizia" o "credo di averne sentito parlare" è la risposta più frequente. Lo dicono tra gli altri dalla Siuro (Società italiana di urologia oncologica), dalla Siu (Società italiana di urologia) .

"Non li conosciamo. Per sentito dire sì, ma è una realtà in Europa poco diffusa", afferma con convinzione il professor Vincenzo Mirone, segretario generale della Siu. Ne è certo perché "rappresento anche la terza carica nella Società europea di urologia (Eau - ndr) e se ci fosse un'associazione transnazionale importante, io sarei il primo a sposarmi con loro. Ma ora che me lo dice, li cerco". Speriamo di sì.

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