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Lavoro: turni 'pazzi' invecchiano il cervello, 10 anni ne regalano oltre 6 in più

04 novembre 2014 | 18.07
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Lavoro: turni 'pazzi' invecchiano il cervello, 10 anni ne regalano oltre 6 in più

Turni 'pazzi' invecchiano il cervello. Accumulare ore di lavoro notturno e turni impossibili per condurre una normale vita sociale può riflettersi sulla nostra mente, insidiandone le capacità e la prontezza. Con il risultato che 10 anni di lavoro possono 'regalarne' oltre sei in più alla nostra prontezza mentale. Lo studio, pubblicato su 'Occupational and Environmental Medicine', mostra anche che occorrono cinque anni di turni diurni per tornare alla normalità.

Gli esperti dell'Università di Swansea (Galles) e dell'Università di Tolosa (Francia), dopo aver monitorato oltre 3 mila francesi sottoponendoli a vari test, sottolineano che i risultati potrebbero essere importanti anche nella demenza e nei disturbi del sonno. L'orologio interno del nostro corpo, infatti, è progettato per farci essere attivi durante il giorno e dormire di notte. Lavorare quando dovremmo riposare può avere effetti importanti su memoria, velocità di pensiero e capacità cognitiva. Si tratta di caratteristiche che si riducono naturalmente con l'avanzare dell'età, ma i ricercatori spiegano che lavorare in base a turni 'antisociali' accelera il processo. Tanto che le persone con 10 anni di turni alle spalle hanno performance tipiche di persone più vecchie di sei anni e mezzo.

La buona notizia è che, smettendo, i cervelli dei lavoratori hanno recuperato. Anche se ci sono voluti cinque anni. "Si tratta di un sostanziale declino nella funzione del cervello - spiega Philip Tucker, del team di Swansea, alla Bbc online - Dunque è probabile che quando le persone cercano di svolgere compiti cognitivi complessi, possono fare più errori" rispetto ai coetanei. Lo stesso medico confida che non avrebbe fatto i turni di notte "se avessi potuto farne a meno", ma sono un "male necessario" della società moderna. "Ci sono modi per mitigarne gli effetti", suggerisce comunque, progettando meglio gli orari di lavoro e istituendo regolari controlli medici, che "dovrebbero includere test cognitivi di performance in cerca di segnali di pericolo".

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