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Dal bunga bunga alla condanna d'appello, il caso Ruby tappa per tappa

13 novembre 2014 | 14.29
LETTURA: 5 minuti

Il 4 gennaio 2011 partono gli avvisi di garanzia. L'ipotesi di reato è quella di induzione e favoreggiamento aggravato della prostituzione, anche minorile

(Infophoto) - INFOPHOTO
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E' il 14 gennaio 2011 quando un avviso di garanzia viene notificato all'ex agente dei vip Lele Mora, all'allora direttore del Tg4 Emilio Fede e al consigliere regionale lombardo Nicole Minetti.

L'ipotesi di reato è quella di induzione e favoreggiamento aggravato della prostituzione, anche minorile, nell'ambito del cosiddetto caso Ruby, che vede indagato a Milano l'allora premier Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. Tutto ruota attorno alle serate nella villa di Arcore: l'ipotesi è che i tre personaggi vicini all'ex presidente del Consiglio ne siano gli effettivi organizzatori con ruoli specifici: c'è l"arruolatore" (Mora), il "fidelizzatore" (Fede), e l'"amministratore del bordello" (Minetti), secondo i pm Pietro Forno e Antonio Sangermano.

3 ottobre 2011. Il gup Maria Grazia Domanico rinvia a giudizio Mora, Minetti e Fede. I tre dovranno comparire davanti ai giudici della quinta sezione penale del Tribunale milanese, presieduta dal giudice Anna Maria Gatto. "Contro di loro - scrive il gup nel provvedimento - è stato raccolto un consistente materiale probatorio".

21 novembre 2011. Inizia il processo a Milano. Sono 32 le ragazze coinvolte, tutte ritenute dal collegio dei giudici 'parti offese'; tre, invece, le giovani che si costituiscono parti civili: Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadhil.

Il 17 maggio 2013, dopo circa un anno e mezzo di testimonianze è la volta di Karima El Marough in tribunale. E' la prima per la giovane marocchina, minorenne al tempo dei fatti contestati: in aula le sue dichiarazioni scagionano tutti gli imputati. Solo rapporti di lavoro e amicizia con i tre alla sbarra.

31 maggio 2013: "Il bunga bunga era un complesso sistema di prostituzione". Nella sua requisitoria, il pm Sangermano formula la richiesta di pena: 7 anni di carcere per tutti e tre gli imputati. Mora e Fede erano "preposti a individuare le giovani da portare alle cene" e agivano come "assaggiatori di vini pregiati". Minetti non aveva "il solo ruolo di intermediario per il pagamento delle ragazze" ma partecipava "attivamente ai presunti festini compiendo atti sessuali a pagamento".

Per l'ex consigliere regionale lombardo, con Silvio Berlusconi "è stato amore vero" e l''affidamento' in questura di Ruby fu "un atto di generosità" così come la "gestione" delle Olgettine. Fede, in una lettera alla Corte, scrive "di fronte a voi ci sono esseri umani e, come tali, non dovrebbero essere sottoposti a mortificazioni al di la di quelli che sono ancora reati presunti". Ad Arcore, ammette invece Mora, ci furono "dismisura, abuso di potere e degrado".

19 luglio 2013. Il Tribunale di Milano condanna Fede e Mora a sette anni di carcere, e la Minetti a cinque anni. In particolare Mora è ritenuto colpevole per tutti i reati contestati, Fede viene condannato per favoreggiamento e induzione alla prostituzione delle maggiorenni, mentre viene stato assolto dall'induzione della prostituzione di Ruby; l'ex consigliere regionale viene condannata a cinque anni per l'accusa di favoreggiamento della prostituzione (assolta dalle accuse di induzione alla prostituzione e di favoreggiamento della prostituzione minorile per Karima El Mahrough).

15 luglio 2014. A quasi un anno di distanza dalla sentenza di primo grado si torna in aula. La prima è un'udienza 'lampo': il tempo necessario al collegio per stabilire l'"interesse sociale" del processo e autorizzare le riprese audiovisive nel rispetto del "sereno" svolgimento del procedimento e fissare il calendario.

25 settembre. Dopo la pausa estiva si torna in aula dove Mora, a margine dell'udienza, si dice felice per l'assoluzione in appello di Berlusconi imputato nel procedimento 'parallelo' su Ruby. "Sono due processi diversi, ma sono contento per l'assoluzione di Berlusconi, la trovo giusta, perché ognuno a casa sua può fare quello che preferisce". Tra un anno circa finirà il suo percorso di affidamento ai servizi sociali dopo il patteggiamento per la bancarotta della Lm Management e ripete ai giornalisti che Arcore "non era una casa di tolleranza, quelle ragazze non erano prostitute" e Ruby "non ha mai avuto rapporti sessuali con Berlusconi".

10 ottobre. La difesa Mora rinuncia ai motivi d'appello, chiedendo di fatto di 'uscire' dal processo. Nella memoria del legale si spiega la volontà alla rinuncia "ad accezioni di quelli che riguardano la determinazione della pena e la continuazione del reato". Nella stessa giornata prende la parola il sostituto procuratore Piero de Petris che chiede la conferma della condanna per Fede e la Minetti, mentre la pena per Mora viene ricalcolata: la richiesta di condanna è di 5 anni e 3 mesi, ma nel calcolo della pena bisogna far 'pesare' anche la bancarotta della sua società, pari a due anni. È la consapevolezza della minore età da parte di Mora e Fede, è la responsabilità nella vicenda dell'ex consigliere regionale, a far scattare la richiesta di condanna a cui tutte le difese degli imputati si oppongono.

13 novembre. Dopo oltre due ore e mezza circa di camera di consiglio i giudici d'appello hanno riformulato la sentenza di primo grado riducendo le pene per i tre imputati. Fede dovrà scontare 4 anni e 10 mesi, Mora dovrà scontare 6 anni um mese, tre anni invece la condanna per la Minetti.

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