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Mafia: pentito Galatolo, da 'fratellone' Messina Denaro ordine di uccidere Di Matteo

16 dicembre 2014 | 15.14
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L'ordine di morte per il pm antimafia Nino Di Matteo arrivò direttamente dal capomafia latitante Matteo Messina Denaro, detto il 'fratellone', la primula rossa per eccellenza. L'uomo più ricercato d'Italia. E il progetto di morte è ancora valido. A confermarlo è il pentito di mafia Vito Galatolo, che dallo scorso novembre ha deciso di saltare il fosso e raccontare ai magistrati di Palermo i retroscena della mafia palermitana. E' il 22 novembre scorso quando Galatolo rivela, per la prima volta, il progetto di attentato per Di Matteo. "In ordine al progetto di attentato in danno del dottor Di Matteo - racconta Galatolo - posso riferire che il 13 settembre 2012, appena scarcerato, mi venne imposto l’obbligo di presentazione al Commissariato di San Lorenzo a Palermo. Durante questi trasferimenti per raccordarmi con i miei familiari, mio padre mi riferì che Vincenzo Graziano, sottocapo della famiglia dell’Acquasanta, mi doveva parlare. In occasione di questo incontro mi disse che Girolamo Biondino voleva organizzare un incontro urgente. In questa riunione si parlò di una lettera pervenuta nel dicembre 2012 di Matteo Messina Denaro con la quale veniva chiesto di fare un attentato al dottor Di Matteo". "A questa riunione si arrivò dopo diversi mesi nel corso dei quali cercammo di definire le persone che dovevano partecipare in funzione dei loro ruoli in Cosa Nostra", aggiunge il collaboratore di giustizia.

L'8 dicembre del 2012, nell'abitazione di Galatolo, un altro summit di mafia. E Galatolo racconta: "In quella occasione mi disse (D'Ambrogio ndr), che bisognava fare una riunione con Biondino nella quale si doveva affrontare l'argomento dell'attentato nei confronti del dottore Di Matteo voluto dal 'fratellone' e cioè da Matteo Messina Denaro”. "Ci siamo dati appuntamento per la mattina del giorno seguente al porticciolo dell'Acquasanta da dove poi avremmo raggiunto gli altri alla gelateria 'Al tuo gelato' alla Marinella. Ho atteso l'arrivo del D'Ambrogio al porticciolo ove giunsi accompagnato da Santo Graziano. Sopraggiunse Nino Ciresi, il quale mi disse che D'Ambrogio era in ritardo. Dopo aver atteso un po', mi avviai poiché non volevo far aspettare gli altri e nel frattempo arrivò anche Alessandro D'Ambrogio a bordo di una Smart, se mal non ricordo, guidata da altro soggetto che ora non ricordo chi fosse... mi accorsi della presenza di auto delle polizia in zona, sicché, feci cenno sia al D'Ambrogio che al Biondino di allontanarsi... Io poi assieme a Santo Graziano tornai a casa mia a vicolo Pipitone, sempre seguito da una vettura della polizia in borghese”.

Galatolo parla anche dell'acquisrto del tritolo per uccidere Di Matteo: “Dopo seppi che Biondino definì l'acquisto dalla Calabria di 200 kg di tritolo e, una volta arrivato a Palermo dopo circa 2 mesi dopo la riunione, fu affidato a Vincenzo Graziano. L’esplosivo, che io vidi personalmente in occasione di una mia presenza a Palermo per dei processi, era conservato in dei locali all'Arenella nella disponibilità di Graziano Vincenzo ed era contenuto in un fusto di lamiera e in un grande contenitore di plastica dura. Sopra questi bidoni vi era uno scatolo di cartone con all’interno un dispositivo in metallo della grandezza poco più piccola di un panetto”. Ma di eul tritolo non c'è più traccia. Gli investigatori non l'hanno ancora trovato. E il procuratore aggiunto Vittorio Teresi si dice, per questo motivo, "preoccupato". E' lo stesso Galatolo a rivelare in seguito che il tritolo fu nascosto "in un appartamento dell’Arenella, di mia proprietà ma intestato alla società di Graziano Camillo, figlio di Domenico".

'Ho visto personalmente l'esplosivo per il magistrato'

Il pentito Vito Galatolo racconta agli investigatori di avere visto il tritolo destinato al pm Di Matteo: "L'esplosivo, che io vidi personalmente in occasione di una mia presenza a Palermo per dei processi, era conservato in dei locali all'Arenella nella disponibilità di Graziano Vincenzo ed era contenuto in un fusto di lamiera e in un grande contenitore di plastica dura. Sopra questi bidoni vi era uno scatolo di cartone con all'interno un dispositivo in metallo della grandezza poco più piccola di un panetto. All'interno era composto da tanti panetti di colore marrone avvolti da pezze di tessuto. Ricordo inoltre che all'esterno, la parte bassa del contenitore di plastica blu era umida e con tracce di salsedine. Per tale motivo infatti Graziano mi disse che questo contenitore umido doveva essere sostituito. So che l'esplosivo è stato spostato da Graziano e penso che sia custodito in una sua abitazione con del terreno intorno in località Monreale".

Cosa nostra non ha mai messo da parte il progetto di uccidere Di Matteo, come spiega ancora Galatolo: "L'intento di organizzare l'attentato non è mai stato messo da parte; una volta ne parlai con Graziano Vincenzo all'interno del Tribunale ed avevamo pensato di posizionare un furgone nei pressi del Palazzo di Giustizia ma non ritenemmo di procedere perché ci sarebbero state molte vittime. Pensammo anche, data la disponibilità della famiglia mafiosa di Bagheria, di valutare se procedere in località Santa Flavia, luogo dove spesso il dottore Di Matteo trascorre le vacanze estive... la presenza di tritolo sul territorio palermitano rende ancora attuale, a mio avviso, il pericolo dell’attentato nei confronti del dottore Di Matteo”. Ecco perché le misure di sicurezza nei confronti del magistrato sono al massimo. Mai come ora.

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