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Jihadisti nel mirino dell'antiterrorismo, al vaglio oltre 100 nomi. Imam verso l'espulsione

17 gennaio 2015 | 15.04
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Imam a rischio espulsione. Dopo la cattura di due militanti al confine tra Francia e Italia, al vaglio oltre 100 nomi. Due francesi legati al Qaeda arrestati nello Yemen. Said Kouachi sepolto in forma anonima a Reims. Ancora proteste contro le vignette. Soldati schierati a Bruxelles e Anversa dopo il blitz di giovedì in cui sono stati uccisi due jihadisti. Preso il 'quarto uomo' complice di Coulibaly. Gentiloni: da 1 a 10 in Italia allarme 7. Su internet il canale del Califfato

Foto Infophoto
Foto Infophoto

Prosegue in queste ore il serrato monitoraggio da parte degli apparati antiterrorismo su più di cento nomi, tra cui diverse guide spirituali islamiche, segnalati come potenziali jihadisti o fiancheggiatori. Dopo la cattura, avvenuta ieri, di due militanti al confine tra la Francia e l'Italia, si sta cercando di approfondire i possibili contatti e le eventuali coperture anche nel nostro Paese.

Sotto la lente di Antiterrorismo e Ros soprattutto la possibilità che jihadisti attualmente sul territorio italiano possano aver stabilito contatti operativi con le organizzazioni terroristiche in attività in Libia e in Tunisia, frange jihadiste vicine ad 'Al Qaida nel Maghreb' (Aqmi). E non è escluso che a breve termine dal Viminale possano essere notificati altri provvedimenti di espulsione dal territorio italiano per imam ed attivisti considerati vicini alle posizioni jihadiste, come già avvenuto diverse volte in questi anni.

Per quanto riguarda la Francia, le dimensioni del monitoraggio di prevenzione sono "da vera propria emergenza: gli apparati di sicurezza d'oltralpe monitorano mille e centocinquanta soggetti considerati ad alto rischio. Duecentoquindici sono attualmente su suolo europeo, centosettantasette nella sola Francia", riferisce Wikilao, portale specializzato in temi geopolitici e strategici.

"Da noi si posseggono precisi identikit di tredici siriani partiti dall'Italia per andare a combattere nel loro Paese. Cinque di essi sono returnees, sono rientrati. E sono 'super attenzionati''', viene rilevato. "Altri dieci jihadisti maghrebini e balcanici di estrazione italiana hanno combattuto o combattono con le formazioni estremiste nello scacchiere siro-iracheno". Altri venticinque foreign fighters (quasi tutti nordafricani) "hanno avuto o hanno a che fare in qualche maniera con l'Italia".

Alfano e Diaz: sì a collaborazione rafforzata in Ue - Sulla "collaborazione rafforzata" nell'Ue per prevenire il terrorismo jihadista hanno concordato i ministri dell'Interno italiano e spagnolo, Angelino Alfano e Jorge Fernandez Diaz, nel corso di un incontro che si è svolto a Madrid.

In particolare, spiega una nota del Viminale, "Alfano e Diaz si sono riuniti per analizzare la minaccia jihadista dopo gli attentati di Parigi e, nel corso dello stesso incontro, hanno concordato sulla necessità che l'Unione Europea affronti il fenomeno della pressione migratoria a partire da un approccio condiviso".

Funzionari polizia: contro minaccia non bastano strumenti ordinari - A sottolineare i "rischi seri e concreti" che corre l'Italia è Lorena La Spina, segretario nazionale dell'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia. "Come dimostrato anche dai recenti e gravissimi fatti di cronaca, la minaccia terroristica cui è esposta l’intera Europa è reale e senza precedenti. Il terrorismo internazionale si avvale oggi di modalità 'asimmetriche', che rivelano come gli attacchi non sono effettuati solo da 'lupi solitari', bensì anche da cellule ben organizzate, che godono di una solida rete di fiancheggiatori" spiega La Spina.

"Un’emergenza di questa entità - rileva - non può essere affrontata attraverso strumenti ordinari, compromessi per giunta dalla notevole carenza di organico e dai pesanti tagli che il Comparto Sicurezza ha subito negli ultimi anni".

I funzionari di polizia ritengono quindi "che sia indispensabile potenziare nell’immediato gli uffici investigativi, al fine di intensificare ulteriormente l’attività preventiva e di intelligence, giacché avrebbe poco senso investire solo sulle strutture destinate alla repressione. Occorre garantire la materiale possibilità di svolgere efficacemente intercettazioni preventive, anche di tipo telematico, attraverso la strumentazione necessaria e la copertura delle spese relative".

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