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Mafia: racket del pizzo a Bagheria, due arresti

21 febbraio 2015 | 08.05
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I Carabinieri della Compagnia di Bagheria (Palermo) hanno sgominato una banda di estorsori che per mesi hanno terrorizzato un commerciante. In carcere sono finite due persone, accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’operazione è l’epilogo di una complessa attività investigativa sviluppata dallo scorso mese di luglio dai carabinieri della Compagnia Carabinieri di Bagheria sotto la direzione della Procura della Repubblica di Termini Imerese. Le attività investigative hanno preso le mosse da due attentati incendiari commessi in danno di un commerciante, registrati a Bagheria a luglio e agosto 2014. "Il modus operandi adottato, consistente nell’utilizzo di benzina mediante cui irrorare le saracinesche dell’attività commerciale, per appiccare gli incendi dolosi del negozio, era indice di un’unica strategia, caratterizzata da ferocia ed estrema spregiudicatezza nonché da una profonda conoscenza del territorio, il cui controllo appare efficace e serrate - spiegano gli investigatori - parimenti evidente la matrice di tipo mafioso, con finalità intimidatoria ed estorsiva".

Lo scorso 12 agosto un incendio aveva distrutto la saracinesca di una ditta di rivendita di macchine. Già il 19 luglio la stessa ditta aveva patito analogo danneggiamento, sempre ad opera di due ignoti che avevano provato ad appiccare le fiamme al suddetto esercizio commerciale. Il titolare in sede di denuncia aveva dichiarato di non aver mai ricevuto richieste estorsive di alcun genere. Le indagini hanno consentito di identificare gli autori dell’incendio del 12 agosto e di contestualizzare la condotta nell’ambito della criminalità mafiosa. Si tratta di Gianluca Califano, 22enne bagherese, e Salvatore Benigno, anch’egli di 22 anni e di Bagheria, i quali durante l’atto intimidatorio sono stati investiti dalle fiamme, riportando delle ustioni agli arti.

Le indagini, che si sono articolate in attività tecnica e di analisi dei filmati tratti dai sistemi di videosorveglianza e nell’analisi dei tabulati telefonici; in attività investigative mirate e, ancora, in interventi di perquisizione e controllo sui soggetti identificati come responsabili, proseguono per l’identificazione dei presunti “mandanti” della tentata estorsione. È emerso inoltre come il commerciante, vittima degli attentati, in realtà, giorni prima degli incendi era stato avvicinato da una persona collegata con soggetti inseriti nella locale famiglia mafiosa. Ciò ha comportato il trasferimento del procedimento alla DDA di Palermo.

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