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Agrigento: palme con soldi Provincia, chiesti sei anni per D'Orsi

23 febbraio 2015 | 16.41
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Il Procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo, al termine della requisitoria, ha chiesto oggi la pena a sei anni di carcere per Eugenio D'Orsi, l'ex Presidente della Provincia di Agrigento, accusato di concussione, peculato, truffa e abuso d'ufficio. In particolare, D'Orsi dovrà spiegare ai giudici come sia stato possibile che una trentina di palme comprate con i soldi della Provincia siano finiti nella sua villa di Montaperto, ma anche il perché l'affidamento di una serie di incarichi professionali pagati migliaia di euro per fare consulenze che invece, secondo l'accusa, poteva ottenere dai suoi stessi uffici. La Procura ha chiesto al Tribunale, presieduto da Giuseppe Melisenda Giambertone, anche l'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici dell'imputato. Durissima la requisitoria dell'aggiunto Fonzo, che ha coordinato l'indagine a carico di D'Orsi: "L'imputato ha approfittato del proprio ruolo istituzionale per non pagare prestazioni a lui rese come nel caso dei lavori per la costruzione della villa di Montaperto - ha detto Fonzo durante il suo intervento in aula - D'Orsi è soggetto spregiudicato e accentratore di potere che fa della logica dello scambio di favori il suo credo politico: tutto è finalizzato ad accumulare potere sfruttando la sua posizione di vertice che gli consente di elargire favori con la prospettiva di acquisire popolarità con la ragionevole aspettativa di poter restare al vertice dell’ente Provincia".

E ancora: "E’ in altri termini un soggetto che conferma la teoria sociologica del familismo amorale di Edward C. Banfield secondo cui, in alcune zone del Meridione, la condotta dell’individuo sarebbe dettata dall’unica seguente regola: ”massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. L’imputato ha mostrato di perseguire soltanto il proprio interesse e quello della propria famiglia e mai quello della comunità - prosegue Fonzo - non ha ciò che si definisce ethos comunitario perché agisce sempre secondo la logica del guadagno personale a discapito della comunità amministrata né persegue l’interesse pubblico a meno che tale interesse non coincida in tutto o in parte con il proprio".

L’imputato, secondo l'accusa "ha mostrato di piegare la cosa pubblica ai propri interessi sperperando denaro e risorse pubbliche per avvantaggiare se stesso e la cerchia dei suoi favoriti senza mai occuparsi degli interessi pubblici obiettivo di ogni amministratore pubblico locale". (segue)

L'aggiunto Fonzo nella requisitoria 'mostrata visione deprimente P.A.'

"Leit motiv di questo processo è l’abuso che D’Orsi fa della propria posizione di rilievo pubblicistico per ottenere costantemente vantaggi personali avvalendosi di soggetti compiacenti che elargiscono favori consapevoli del fatto che il favore concesso sarà prima o poi restituito in altra forma: ottenimento di nuovi appalti pubblici come nel caso di Gaspare Chianetta - dice ancora il magistrato nella requisitoria - assunzione di persone disoccupate come nel caso di Vincenzo Vecchio; prospettive di carriera lavorativa come nel caso di Vincenzo Buono e dei funzionari della Provincia compiacenti come ad esempio Ignazio Gennaro che, pur essendo deputato al controllo della documentazione delle spese di rappresentanza, di fatto avalla ogni richiesta del suo dominus".

Per l'accusa "E’ stata mostrata una visione deprimente della pubblica amministrazione al cui interno si celava una illegalità diffusa: gestita ai vertici dal Presidente della Provincia D’Orsi e sostanzialmente avallata, se non condivisa, dai dirigenti che avrebbero dovuto, come richiesto dalla legge, svolgere una funzione di controllo prima e autorizzatoria poi di quanto deliberato dagli organi politici". Per Fonzo "il filo rosso di tutto il processo sono le modalità operative con cui veniva gestita la Provincia di Agrigento: il Presidente della Provincia D’Orsi Eugenio Benedetto, a seconda dei casi, ordinava su quale fondo spesa dovessero gravare i cosiddetti pranzi “istituzionali”; ordinava, mediante direttive, quali soggetti dovessero ottenere incarichi esterni da parte della Provincia; ordinava, sempre mediante direttive, quali soggetti dovessero stipulare contratti di fornitura di beni e servizi con la Provincia".

Parlando dell'acquisto delle palme finite nella villa di D'Orsi, il Procuratore aggiunto Fonzo ha spiegato in requisitoria: "Il 28 giugno 2010 il Presidente della Provincia Regionale di Agrigento D’Orsi, secondo uno schema che si ripeterà con riferimento all’acquisto dei beni di rappresentanza, riceveva dall’agronomo Luigi Antonino Rotulo una proposta di vendita di tutte le piante presenti nel suo vivaio – complessivamente 5.500 essenze vegetali di diverso genere – per il costo complessivo di € 9.000 I.V.A. esclusa a fronte di un valore di mercato superiore ad € 26.000. Più in particolare, avendo Luigi Rotulo deciso di chiudere la propria attività e di liquidare le rimanenze di magazzino, in seguito alla citata proposta l’imputato emetteva un direttiva presidenziale con cui venivano avviate le procedure per l’acquisto delle piante poste in vendita da Rotulo, nonché si individuavano i capitoli di spesa su cui far gravare l’acquisto".

"In esecuzione della direttiva il Responsabile del procedimento Giovanni Alletto proponeva ai Direttori del Settore Edilizia Scolastica e infrastrutture stradali di approvare l’offerta di vendita di Luigi Rotulo per il valore di € 9.900 I.V.A. compresa - prosegue il magistrato - proposta motivata dalla finalità di arricchire e potenziare il patrimonio vegetale del Giardino Botanico e quello delle aree di pertinenza degli Istituti Scolastici di proprietà dell’Ente Provincia". "In seguito al procedimento amministrativo la Provincia Regionale di Agrigento acquistava le 5.500 piante del vivaista Rotulo, il quale veniva contattato telefonicamente nel mese di novembre 2010 da Alletto. Quest’ultimo affermava che il giorno successivo alla telefonata, un incaricato della Provincia di Agrigento si sarebbe recato presso il vivaio a ritirare alcune palme tipo Washingtonia oggetto del contratto di vendita di cui si è ampiamente detto. Effettivamente Chianetta, come da accordi, si recava assieme ad altri operai della Provincia di Agrigento presso il vivaio di Rotulo a prelevare delle palme tipo Washingtonia, già acquistate dall’ente pubblico, per trasportarle e metterle a dimora presso l’abitazione privata dell’imputato in corso di costruzione".

"Le palme furono successivamente messe a dimora a cura dell’incaricato Chianetta che, in data 26 novembre 2010, ha operato sotto la supervisione di Alletto, dipendente della Provincia Regionale di Agrigento in servizio presso l’Orto Botanico; ed infatti in quella data quest’ultimo aveva dato disposizioni per la corretta collocazione delle palme, atteso che l’escavatore presente in cantiere rischiava di danneggiare alcuni alberi di ulivo presenti nel terreno. Da accertamenti effettuati in quella data Alletto risultava regolarmente in servizio presso la sua sede lavorativa – Orto Botanico – mentre era in realtà intento a seguire i lavori di messa a dimora delle palme presso l’abitazione privata dell’imputato. Più in particolare Giovanni Alletto risultava essere sul luogo di lavoro dalle ore 7 alle ore 13,57 pur trovandosi invece già prima delle ore 11,45 e almeno fino alle ore 13,20 presso il terreno di Montaperto di proprietà del Presidente della Provincia. La disposizione di seguire i lavori di messa dimora della palme Washingtonia era stata data direttamente dall’imputato a Giovanni Alletto il quale anziché trovarsi regolarmente sul posto di lavoro si recava – almeno tre o quattro volte nel novembre 2010 – presso l’abitazione del Presidente della Provincia". Nella prossima udienza, il 9 marzo, la parola passerà alla difesa di D'Orsi che ha sempre respinto le accuse. La sentenza sarà emessa il 30 marzo.

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