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Nuovo traguardo di Rosetta, Inaf: "Scoperto cosa tiene 'viva' una cometa"

23 settembre 2015 | 19.02
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La cometa 67P studiata dalla missione Rosetta (Foto INAF)
La cometa 67P studiata dalla missione Rosetta (Foto INAF)

Scoperto per la prima volta cosa tiene 'viva' una cometa. Il traguardo, che spiega molti aspetti ancora oscuri sulla vita delle affascinanti 'stelle con la coda', è avvenuto grazie allo strumento Virtis che si trova a bordo della sonda Rosetta dell'Esa. In particolare il team di ricercatori, guidati dall'italiana Maria Cristina De Sanctis dell’Inaf, ha osservato che su alcune zone della superficie del nucleo della cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, oggetto della missione della sonda Rosetta, c'è ghiaccio d’acqua 'trasformista', cioè "ghiaccio d'acqua che appare e scompare con regolarità, secondo un vero e proprio ciclo, legato alla rotazione del nucleo e alla sua illuminazione".

Gli scienziati hanno osservato quindi che "quando la superficie del nucleo è esposta al Sole, il ghiaccio si dissolve, per poi ricomparire nel periodo in ombra". La scoperta è stata possibile grazie alle immagini raccolte dallo spettrometro Virtis (Visible InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer), sofisticatissimo strumento realizzato da un consorzio italo-franco-tedesco sotto la responsabilità scientifica dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell'Inaf, che guida anche le fasi operative. "Abbiamo trovato ciò che tiene 'viva' la cometa" afferma Maria Cristina De Sanctis dell’Inaf-Iaps di Roma, prima autrice dello studio pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature.

Il team ha analizzato una serie di riprese della regione Hapi ottenute da Virtis nel settembre 2014 in differenti condizioni di illuminazione, dettate dalla rotazione del nucleo della cometa, che impiega circa dodici ore per completare un giro. "Abbiamo visto tracce di ghiaccio d'acqua nella zona della cometa che abbiamo analizzato, ma solo quando questa si trovava nell’ombra", spiega De Sanctis. "Quando il Sole splendeva sulla stessa regione, invece, il ghiaccio era scomparso. E questo -spiega la scienziata italiana- è un chiaro indizio di un andamento ciclico della presenza di ghiaccio d'acqua ad ogni rotazione della cometa".

Le comete sono grandi aggregati di ghiacci e polveri, che periodicamente proiettano nello spazio parte del loro materiale durante l’avvicinamento al Sole. E’ infatti la nostra stella che, con la sua radiazione, scalda il nucleo freddo di questi corpi celesti. Così, i loro componenti ghiacciati, soprattutto acqua e altri composti volatili, sublimano, passano cioè dallo stato solido direttamente a quello gassoso. Questo flusso di gas e particelle di polveri creano la cosiddetta chioma e la coda che rendono alcune comete osservabili anche dalla Terra. Uno degli aspetti ancora da chiarire nello studio di questi corpi celesti è legato ai processi che regolano le loro emissioni di gas.

In particolare, gli scienziati si interrogano se ci sia un meccanismo che rifornisca la superficie di nuovo ghiaccio a sostituire quello che sublima e che quindi sostenga con continuità la struttura gassosa attorno alle comete. Ora, le osservazioni realizzate da Virtis di alcune zone di ghiaccio che appaiono e scompaiono con regolarità su Hapi, una regione del 'collo' del nucleo di 67P, hanno fornito le informazioni necessarie per capire cosa accade.

"Sospettavamo che esistesse un comportamento di questo tipo nelle comete, grazie a modelli teorici e indizi raccolti dalle osservazioni di altre comete, ma ora, grazie alle osservazioni così prolungate e dettagliate della cometa 67P / Churyumov-Gerasimenko effettuate dalla missione Rosetta, finalmente abbiamo la prova osservativa che le cose stanno proprio così" sottolinea Fabrizio Capaccioni, dell’Inaf-Iaps di Roma, responsabile scientifico dello spettrometro Virtis. Lo strumento è stato realizzato da un consorzio internazionale italo-franco-tedesco sotto la responsabilità dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf e con il contributo italiano finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana.

Per Enrico Flamini, Chief Scientist dell’Agenzia Spaziale Italiana, "questa evidenza del ciclo dell'acqua su una cometa è una scoperta scientifica rilevante ed è una ulteriore conferma delle qualità uniche degli spettrometri a immagini come Virtis impiegati nell’esplorazione planetaria". "Questi strumenti -aggiunge Flamini- rappresentano oggi una eccellenza italiana che l'Asi è orgogliosa di aver realizzato, con l’Industria nazionale, e aver messo a disposizione del Principal Investigator e del suo davvero eccellente team scientifico". La produzione di Virtis e la fornitura ad Esa è stata gestita dall'Asi, Italia, attraverso il Prime Contractor Selex-Es, ed integrando i contributi del Laboratoire d'études spatiales et d'instrumentation en astrophysique dell'Observatoire de Paris con finanziamenti Cnes francese e dell’Institut für Planetenforschung del Dlr tedesco.

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