cerca CERCA
Martedì 23 Aprile 2024
Aggiornato: 19:54
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Non si placa l'allarme sulle carni rosse ma i consumi tengono

30 ottobre 2015 | 18.34
LETTURA: 5 minuti

Foto Infophoto
Foto Infophoto

La grande preoccupazione, alimentata dal tam tam mediatico, non cessa anche se i consumi tengono. E' questo lo scenario a tre giorni dall'allarme sollevato nell'opinione pubblica dallo studio dell'Oms, che ha messo in relazione l'insorgenza di tumori con il consumo di carne rossa, fresca e processata, ossia lavorata.

Gli operatori del settore, dagli allevatori ai macellai, si tengono cauti ritenendo che sia troppo presto per parlare di calo delle vendite di salumi, prosciutti, wurstel, carne in scatola, senza tuttavia escludere che ci sarà. E confidano sugli effetti della comunicazione, anche istituzionale che, in questi giorni, sta in qualche modo ridimensionando il fenomeno. Solo la Coldiretti in base a un'indagine on line, stima che l’11% degli italiani avrebbe contenuto il proprio consumo di carne e insaccati dopo le notizie diffuse con la pubblicazione del rapporto Oms.

Il Codacons, intanto, è stato letteralmente sommerso da centinaia di segnalazioni, arrivate via mail e da telefonate da parte di cittadini preoccupati sui modelli di comportamento da adottare nell'acquisto di carni rosse. "Molte di queste richieste di chiarimenti - spiegano all'Adnkronos dall'associazione dei consumatori - sono arrivate da mamme estremamente allarmate per la salute dei loro figli, confuse da tante notizie giunte da più parti". Il Codacons comunque, nei giorni scorsi, ha presentato un esposto al procuratore di Torino Raffaele Guariniello e un'istanza urgente al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, affinché siano valutate misure a tutela della salute umana.

Federcarni, presto per parlare di calo vendite

La Coldiretti da una parte e il Codacons dall'altra, tornano a sottolineare l'importanza della tracciabilità di questi alimenti, partendo dal presupposto che le carni made in Italy sono generalmente più sane, perché magre, non trattate con ormoni a differenza, ad esempio di quelle americane, quando non sono ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione 'Doc' che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali.

Per quanto riguarda il calo dei consumi intervengono anche i macellai. "E' ancora presto per dirlo - afferma Maurizio Arosio, presidente di Federcarni-Confcommercio - quel che è certo è che non c'è stato il forte abbandono all'acquisto verificatosi con la mucca pazza. La gente, ormai‚ è per così dire vaccinata, è abituata a questi allarmi mediatici sulla carne che poi si sgonfiano". Comunque, "stiamo preparando una 'controinformazione' - annuncia - attraverso un convegno a cui parteciperanno esperti del settore e nutrizionisti".

In Italia due prosciutti su tre oggi provengono dall’estero senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta ma il problema riguarda tutte le carni trasformate ed i salumi per i quali non è obbligatorio indicare la provenienza. "L'obbligo dell'etichetta d'origine non è prevista ancora in Europa per le carni lavorate" precisa all'Adnkronos Rolando Manfredini, responsabile sicurezza alimentare della Coldiretti e dunque neanche per prosciutto, salumi, salsicce, preparati come ragù e anche per carni di coniglio e di cavallo".

Assica-Confindustria, consumi in Italia sotto soglia rischio

L'etichetta d'origine invece è obbligatoria per le carni bovine (dopo lo scandalo della Mucca pazza), suine, il pollame, le carni ovine e caprine. Comunque, dal primo aprile 2016 l'esperto spiega che sarò obbligatorio indicare l’origine delle carni fresche, refrigerate o congelate ancora esenti quali suine, ovine, caprine e di volatili. In merito allo studio dell'Oms Manfredini commenta che "la gente nonostante si sia allarmata poi ha reagito bene grazie alle comunicazioni che sono seguite anche a livello istituzionale da parte dei ministri Lorenzin e Martina".

Inoltre, rimarca che la stessa Oms ha raccomandato che nessun alimento deve essere escluso dalla dieta ed 'è necessario capire quali sono i reali margini di rischio e dentro che dosi e limiti vale la pena di preoccuparsi davvero' afferma Manfredini citando una nota dell'organizzazione.

Ma per il consumo di carni e insaccati è soprattutto una questione di quantità. A gettare acqua sul fuoco è l'Assica, l'associazione industriale delle carni e dei salumi di Confindustria. "Le quantità indicate dallo studio (100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quella trasformata) come condizione per un aumento comunque modesto del rischio - sostiene Assica - sono molto più alte del consumo tipico del nostro Paese. Gli italiani mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata". Quantità ma anche modi di cottura.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza