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Malore per Ciancimino, sospesa l'udienza del processo su trattativa Stato-mafia

12 febbraio 2016 | 10.42
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Massimo Ciancimino (Fotogramma)
Massimo Ciancimino (Fotogramma)

Malore per Massimo Ciancimino durante la deposizione in aula al processo sulla trattativa Stato-mafia, in corso nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo, e il Presidente della Corte d'Assise Alfredo Montalto sospende l'udienza per quindici minuti. Ciancimino si è sentito male mentre rispondeva alle domande del pubblico ministero Nino Di Matteo sull'arresto del boss mafioso Totò Riina.

"Nella seconda fase della trattativa tra Stato e mafia mio padre chiese ai Carabinieri del Ros un incontro con l'onorevole Luciano Violante, perché era ritenuto da mio padre l'uomo più potente di quel momento. Ma Violante se lo è ricordato solo di recente, dopo avere letto le mie dichiarazioni ai magistrati. Gli ho risvegliato la memoria. E non solo a lui...". Così aveva detto Massimo Ciancimino, imputato e teste chiave del processo, riprendendo la deposizione al dibattimento nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo questa mattina. La richiesta di incontro sarebbe stata fatta, secondo Ciancimino, dal padre, Vito Ciancimino, dopo le stragi mafiose del '92, all'allora colonnello Mario Mori e al capitano Giuseppe De Donno.

"Fui io a dire che Violante era il perno, l'uomo da avvicinare per potere fare delle richieste". "Di questa richiesta mio padre mise a conoscenza anche il 'signor Franco' (il fantomatico uomo dei Servizi segreti indicato dal teste come il tramite tra mafia e istituzioni ndr). Questo me lo disse mio padre - prosegue ancora Ciancimino rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo - Bernardo Provenzano definiva Violante il 'deus ex machina' dei provvedimenti giudiziari contro Cosa nostra, mio padre e Provenzano avevano molte analogie, lo definivano come l'uomo più potente in quel momento al Parlamento. Dopo le stragi c'era stata una caduta dell'immagine della politica".

Alla domanda del Presidente della Corte d'assise, Alfredo Montalto, se ebbe risposta da Violante, Ciancimino risponde: "Ricordo che io portai a mano una lettera a Palazzo San Macuto, per depositare un'istanza di mio padre. Fu protocollata all'ingresso. Ma non so cosa ci fosse dentro, ho solo portato la lettera. Una busta che poi si perse, era indirizzata a Violante. Fu smarrita e poi ritrovata".

Dopo l'arresto del boss mafioso Totò Riina, il 15 gennaio 1993, i Carabinieri del Ros avrebbero espresso gratitudine a Vito Ciancimino per il risultato raggiunto. E avrebbero annunciato all'ex sindaco mafioso di Palermo e al figlio, Massimo Ciancimino, di allontanarsi "con tutta la famiglia da Palermo". Una rivelazione inedita del testimone chiave del processo, questa, raccontata in aula prima del malore.

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