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Papa: Francesco agli ammalati, la risposta è sempre l'amore

12 giugno 2016 | 11.12
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Papa Francesco durante l'omelia pronunciata sul Sagrato della Basilica Vaticana
Papa Francesco durante l'omelia pronunciata sul Sagrato della Basilica Vaticana

"Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente 'perfette', per non dire truccate, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto". E ancora: "E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate!". Lo ha detto Papa Francesco durante l'omelia pronunciata durante la celebrazione della Santa Messa sul Sagrato della Basilica Vaticana in occasione del Giubileo degli ammalati e delle persone disabili. L'omelia ha seguito le letture del Santo vangelo, che sono state affidate a persone con diverse disabilità e tradotte nella Lingua dei segni Internazionale.

"Si ritiene -ha detto il Pontefice- che una persona malata o disabile non possa essere felice, perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del piacere e del divertimento. Nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante. Meglio tenere queste persone separate, in qualche 'recinto' – magari dorato – o nelle 'riserve' del pietismo e dell’assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere. In alcuni casi, addirittura, si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima, perché diventano un peso economico insostenibile in un tempo di crisi. Ma, in realtà, quale illusione vive l’uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite".

"In realtà -ha detto il Papa- tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, talvolta a scontrarci, con le fragilità e le malattie nostre e altrui. E quanti volti diversi assumono queste esperienze così tipicamente e drammaticamente umane! In ogni caso, esse pongono in maniera più acuta e pressante l’interrogativo sul senso dell’esistenza. Nel nostro animo può subentrare anche un atteggiamento cinico, come se tutto si potesse risolvere subendo o contando solo sulle proprie forze. Altre volte, all’opposto, si ripone tutta la fiducia nelle scoperte della scienza, pensando che certamente in qualche parte del mondo esiste una medicina in grado di guarire la malattia. Purtroppo non è così, e anche se quella medicina ci fosse, sarebbe accessibile a pochissime persone".

Francesco sottolinea poi che "non esiste solo la sofferenza fisica; oggi, una delle patologie più frequenti è anche quella che tocca lo spirito", dice. "E’ una sofferenza -prosegue- che coinvolge l’animo e lo rende triste perché privo di amore. Quando si fa esperienza della delusione o del tradimento nelle relazioni importanti, allora ci si scopre vulnerabili, deboli e senza difese. La tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Amare nonostante tutto".

"La felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso! Allora la fragilità stessa può diventare conforto e sostegno alla nostra solitudine".

"Il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire. Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni. Sappiamo che nella debolezza possiamo diventare forti, e ricevere la grazia di completare ciò che manca in noi delle sofferenze di Cristo, a favore della Chiesa suo corpo; un corpo che, ad immagine di quello del Signore risorto, conserva le piaghe, segno della dura lotta, ma sono piaghe trasfigurate per sempre dall’amore".

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