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Dirigente Polizia postale: "Preso un Pokemon! Rischio reato di tortura?". Ilaria Cucchi: "Che ironia è?"

25 luglio 2016 | 21.36
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"Ho catturato un Pokemon! Se non lo rilascio in fretta rischio di essere condannato per il reato di tortura?". E' il tweet scritto qualche giorno fa da Geo Ceccaroli, dirigente della Polizia Postale dell'Emilia-Romagna, che ha fatto irritare Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il giovane romano deceduto dopo l'arresto nel 2009, tanto da scrivere un messaggio di protesta sulla sua pagina Facebook. Nella sua replica Ceccaroli spiega che voleva solo richiamare l'attenzione "su una novità del web potenzialmente pericolosa per i più giovani, nessuna valutazione sul ddl tortura".

"Caro Sig. Geo Ceccaroli, che ironia vuol essere questa? - si legge nel post di Ilaria Cucchi - La legge sulla tortura è una cosa molto seria, soprattutto in questo momento e soprattutto in Italia. Lei, che mi risulta essere primo dirigente della polizia di Stato - compartimento polizia postale Emilia Romagna, ci fa capire tante cose".

"La sua ironia - continua Ilaria Cucchi - ci fa capire la sua paura, figlia della disinformazione e della profonda arretratezza culturale che vede la legge sulla tortura come un pericolo per le forze dell'ordine. Si vuol far passare la legge sulla tortura come un pericolo per la sicurezza dei cittadini ma possiamo comprenderne le ragioni per chi lo vorrebbe fare in Turchia non per chi lo vuole fare in Italia".

Quindi la conclusione: "Lei è di Bologna e Bologna e l’Emilia Romagna è stata terra di casi giudiziari inquietanti, datati e anche meno datati. Quindi se la sua ironia e il suo scherno può sicuramente rivelare paura di una legge efficace sulla tortura, io le posso dire che a mia volta provo paura della sua ironia e quindi anche di lei. La sua paura fa paura a noi cittadini".

Il dirigente della Polizia postale cerca di chiarire il senso del suo tweet: "In riferimento alle parole di commento della signora Ilaria Cucchi su un tweet da me pubblicato lo scorso 22 luglio preciso che il giorno dopo - sottolinea Ceccaroli - ne ho pubblicato un secondo: 'Ma se anziché cercare di catturare i Pokemon i ragazzi si dedicassero ad ammazzare le zanzare? Non dormiremmo meglio?'".

Ed ancora un altro datato 24 luglio, spiega il poliziotto, "'Pokemon ad Auschwitz! abbiamo cresciuto una generazione senza sentimenti e rispetto; altro che giornate della memoria. Colpa nostra?!'. Credo che dall’insieme delle osservazioni che ho postato sul noto social si evinca chiaramente come il mio pensiero sia orientato esclusivamente ai pericoli derivanti dall’utilizzo dell’applicazione che nei giorni passati ha visto tanti ragazzi vittime di incidenti mentre giocavano".

"La mia attenzione per l'applicazione è derivata, oltre che da motivi professionali verso il mondo adolescenziale e le abitudini dei giovani online - aggiunge Ceccaroli - dalla mia condizione di genitore di adolescenti".

E conclude: "I tweet sono ironiche osservazioni su un’applicazione per richiamare l'attenzione, soprattutto dei genitori, su una novità del web potenzialmente pericolosa per i più giovani; ogni altra interpretazione di quanto scritto non è attribuibile al mio pensiero. Non ho mai inteso esprimere alcuna valutazione sulla proposta di legge relativa al cosiddetto reato di tortura".

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