cerca CERCA
Martedì 16 Aprile 2024
Aggiornato: 19:41
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Talk show sotto processo, il penalista: "Vanno chiusi fino a sentenza"

15 settembre 2016 | 13.52
LETTURA: 8 minuti

Ennio Amodio
Ennio Amodio

di Cristina Bassetto - Talk show 'sotto processo'. Perchè "i media costruiscono uno scenario alternativo a quello legale e costringono l'opinione pubblica a leggere le vicende giudiziarie in una luce innaturale o falsa". Perché ormai "è difficile assicurare al processo penale una protezione contro l'invadenza e la portata distorsiva della cronaca giudiziaria". E perché soprattutto il "piccolo schermo fa registrare una ancora più acuta degenerazione quando apre i salotti dei talk show in cui si celebra il rito mediatico di una giustizia virtuale alternativa a quella reale". Giudizi gravi ma 'dovuti' perché "ferisce più la forma che la pena" soprattutto in un tema, come quello del diritto, in cui la forma è sostanza. Ma una soluzione ci sarebbe: "chiudere i salotti televisivi fino alla sentenza di primo grado".

La lente d'ingrandimento su quella che viene definita come una vera e propria distorsione delle vicende giudiziarie si trova nell'ultimo libro scritto da Ennio Amodio, tra i penalisti più noti in Italia, docente ed ex presidente dell'Aspp, l'associazione fra gli studiosi del processo penale intitolato a Gian Domenico Pisapia. Studioso di diritto, tra gli esperti che hanno scritto la riforma del codice di procedura penale nell'89, avvocato di fama, i suoi giudizi hanno un peso particolare quando si tratta di giustizia.

Il suo ultimo 'lavoro' 'Estetica della giustizia penale' (editore Giuffrè), é un excursus di quel che accade e si mostra in tema di diritto nella prassi giudiziaria, sui media, nel cinema, nelle fiction e 'tasto più dolente', nei talk show. Un'analisi che il penalista, professore emerito di procedura penale all'Università Statale di Milano, illustrerà nell'aula magna del tribunale di Milano circondato da oratori della portata del procuratore capo Francesco Greco, dell'ex sindaco di Milano e avvocato Giuliano Pisapia, dell’ex presidente del Tribunale Livia Pomodoro, il presidente degli avvocati milanesi Remo Danovi e il critico televisivo e docente di storia televisiva Aldo Grasso. Ma in particolare dei talk show Amodio parla in un'intervista all'Adnkronos.

Se la valutazione complessiva di quel che accade nei salotti televisivi è 'pesante' ancora di più, per Amodio, lo è il rimedio che suggerisce con forza: chiudere queste trasmissioni almeno fino alla sentenza di primo grado. "Per reagire a questo assurdo negazionismo si dovrebbe intervenire subito -scrive il penalista- per chiudere almeno le porte dei salotti televisivi in cui si celebra una deformante giustizia mediatica che si sovrappone a quella togata proprio mentre quest'ultima procede, con le regole dettate dalla civiltà giuridica, all'accertamento dei reati e delle responsabilità. Lo spettacolo della colpevolezza offerto dai talk show, talvolta con rozze inchieste condotte con il microfono in mano, sacrifica sull'altare dell'intrattenimento dei telespettatori tutti i valori della giustizia penale a cominciare dalla presunzione di innocenza".

E allora "il pregiudizio che il dibattito nei salotti televisivi continua a causare alla presunzione di non colpevolezza dell'imputato e ai valori del giusto processo impone di vietare che questi programmi possano essere diffusi almeno fino a quando non sia stata pronunciata la sentenza di primo grado".

Una soluzione drastica che pare difficilmente perseguibile però in un Paese che da anni, tanto per fare un esempio, non riesce a trovare una soluzione condivisa sul tema dell'uso delle intercettazioni. "Vero -dice Amodio- ma bisogna comunque cominciare a porre il problema". Dalla 'sua', sostiene, si schiererà anche la magistratura che, afferma "si è accorta di questa degenerazione perché crede fermamente che questa degenerazione costituisca un'alternativa rispetto alla giustizia togata. Credo che" una volta sollevato il problema 'ufficialmente' "non ci sarà solo il grido di dolore dei difensori e de giuristi ma anche la considerazione molto ragionata dei magistrati che non vogliono vedere il loro lavoro soppiantato e travolto da quello che vede in televisione. Se matura questo indirizzo credo che sia possibile consolidare un orientamento che dica 'no' ai talk show giudiziari fintanto che pende un procedimento penale in primo grado".

Una difesa si impone. Se negli anni i talk show additati da Amodio si sono intensificati é anche perchè rispondono al bisogno delle persone di sapere, ascoltare, formarsi un'opinione e sì, anche un giudizio in 'tempi ragionevoli' rispetto ad una macchina giudiziaria che si protrae spesso così a lungo da far cadere tanto omicidi efferati quanto il malcostume politico quasi nell'oblio. "Ma è proprio per questo che parlo di giustizia alternativa -replica il penalista- come se istintivamente il pubblico, la gente, volesse una giustizia più rapida, più efficace senza tutte le lungaggini degli accertamenti in sede d'indagine o in sede di dibattimento. E' un'antica aspirazione. Ma andando avanti su questa strada si arriva al linciaggio o alla giustizia sommaria. Quello che insegnano questi talk show è qualcosa di assolutamente distorsivo e deformante rispetto ai valori della nostra costituzione e ai trattati di carattere internazionale. La giustizia ha bisogno dei suoi tempi, di riflessione, perché le scorciatoie e le risposte emotive ingannano e il più delle volte falsano la realtà come accade nel film Mister Lincoln del '39".

"La giustizia -incalza Ennio Amodio- è un meccanismo estremamente complesso e raffinato e non può dare le risposte giudiziarie che può dare un talk show. Bisogna imparare a riflettere. Certo, bisogna poi sveltire la macchina giudiziaria come ha cercato di fare il legislatore nel 1989 ma non si può pensare che la soluzione ai problemi annosi della giustizia penale sia quella che viene offerta da una rappresentazione scenica, così immediata e fulminea come quella dei talk show".

Ma se il 'fenomeno' viene percepito ora in termini così allarmanti perché anche l'avvocatura non ha reagito prima? "Perché ancora non si è percepito il disvalore, il guaio, il disastro che procurano questi talk show. Se una persona è indagata e contemporaneamente, mentre i suoi difensori si battono per la sua innocenza, in televisione già si fa la sentenza dicendo che non c'è nulla da fare e che le prove sono tutte contro di lui, questo significa fare un salto in là rispetto alla giustizia ordinaria e distruggere completamente i valori della presunzione d'innocenza e dell'imparzialità dei giudici. Credo che questo cominci ora ad essere avvertito come un grosso problema anche dai magistrati che, indubbiamente, seguiranno questa strada, perché così viene svilito il loro lavoro, perché mentre loro indossano la toga e prendono al lente d'ingrandimento per analizzare gli indizi, altri, che si accontentano di impressioni, di voci e di cose raccontate, risolvono subito i problemi. E' un'immagine deformata, distorta, che deve essere combattuta".

Amodio di processi ne ha fatti a centinaia. Tra i suoi clienti ce ne sono stati molti famosi e in diversi settori, da Silvio Berlusconi in politica a Cesare Geronzi nella finanza, da De Chirico nell'arte, a Miuccia Prada nella moda, tanto per citare solo alcuni nomi. Ma lui, dalla stampa e dalla tv com'è stato trattato? "Devo dire che nel mio caso qualche volta sono stato aiutato. Ci sono stati casi di stampa, diciamo, ben disposta ad accogliere o quantomeno a fare cassa di risonanza alle tesi della difesa. Cosa che non avviene molto frequentemente perché il più delle volte la stampa ha interesse a fare da eco alle tesi della pubblica accusa e relegare nel fondo delle ultime righe la difesa. La mia esperienza mi ha insegnato molto e bisogna anche tener conto che c'è una regola non scritta che vale sempre: più il personaggio è importante più c'è attenzione a mantenere un equilibrio tra le tesi accusatorie e quelle difensive. Se invece l'imputato è uno qualunque, come Bossetti, allora non c'è nessuno a fermare la stampa nell'ondata colpevolista, che si scatena e va avanti".

Con un'aggravante, per dirla in diritto, che Amodio spiega rifacendosi al suo libro: "ciò che più sconcerta oggi è l'assuefazione alle distorsioni mediatiche ritenute ormai, persino da qualche sentenza della Cassazione, come una sorta di calamità naturale alla quale non si può contrapporre alcun rimedio se non quello, evasivo e consolatorio, che si risolve nell'illusione di avere a che fare con un fenomeno 'normale' e privo di impatto sull'esercizio della giurisdizione e sulla cultura di massa".

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza