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Scuola, boom di studenti all'estero: +111% in 6 anni

10 ottobre 2016 | 13.32
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Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Cresce la voglia di apertura degli studenti italiani e delle scuole in generale. Nel solo anno scolastico 2015-16, 7.400 adolescenti delle scuole superiori hanno trascorso un periodo tra i 3 o 6 mesi o l’intero anno scolastico all’estero (due anni fa la stima era pari a 7.300, ma nel 2009 erano stimati 3.500, un bel passo in avanti del 111%) e circa due terzi (63%) degli istituti italiani ha attivato almeno un’iniziativa di tipo internazionale. Un altro passo in avanti nel lento, ma inarrestabile cammino della scuola italiana nell’apertura verso l’estero che raggiunge 42 punti su 100 (nel 2009 erano 37). Tuttavia, la voglia di apertura si scontra con la crisi economica di lunga durata che ha causato una minor disponibilità economica sia da parte del settore pubblico (e quindi delle scuole) sia da parte delle famiglie, comportando una razionalizzazione delle loro risorse.

E’ quanto emerge dalla rilevazione 2016 dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca affidata a Ipsos dalla Fondazione Intercultura. La manifestazione intitolata 'L’esperienza che mi ha cambiato la vita', ospitata nella sede di Assolombarda, ha visto, tra gli altri, la partecipazione di Diego Piacentini, appena nominato Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale, che ha scelto proprio l’evento di Intercultura quale sua prima uscita pubblica per sottolineare i benefici dell’esperienza vissuta da lui stesso all’estero a 17 anni.

A questi risultati positivi, rilevati su un campione di circa 400 Dirigenti scolastici delle scuole superiori, si contrappone però uno scenario di luci e ombre: da un lato ci sono le scuole già ben avviate che riescono ad aderire o a organizzare iniziative che favoriscono i contatti tra studenti e docenti italiani ed esteri, tant’è che è in crescita negli ultimi due anni il numero di istituti con indice alto (compreso tra 51 e 70 punti).

Tra le scuole che hanno un indice elevato ci sono soprattutto quelle che attivano i programmi di mobilità di gruppo (60 punti), quelle che promuovono i gemellaggi (56 punti), gli incontri tra docenti con scuole straniere (55 punti), la mobilità individuale (54 punti). Il Clil (la docenza di una materia in lingua straniera) e l’insegnamento di tre o più lingue straniere contribuiscono alla crescita, ma non tanto quanto in passato, poiché ormai sono pratiche comuni (in alcuni casi obbligatorie) tra gli istituti superiori in Italia (48 e 49 punti).

Dall’altro permane un folto gruppo di scuole che invece non ha le risorse o le competenze per attivare il percorso di internazionalizzazione: rispetto al 2014, quel 63% di scuole che ha aderito a progetti internazionali è diminuito di ben 5 punti. Le scuole del Sud Italia, in particolare, non riescono a capitalizzare completamente il maggior coinvolgimento sperimentato nel 2014 (scendendo di 9 punti percentuali).

Tra i motivi di questa battuta d’arresto, secondo i presidi intervistati, oltre alla carenza di budget (20%) e di interesse da parte degli alunni (18%), in questi anni di complesse riforme al sistema scolastico (piena operatività della riforma Gelmini e avvio della Buona Scuola), la mancata adesione ai programmi internazionali è spesso dovuta al fatto che le finalità di tali programmi sono inadeguate rispetto al profilo del proprio istituto, motivazione che viene addotta dal 16% delle risposte (soprattutto istituti tecnici e professionali con percentuali al 22%).

Non si ferma però la voglia degli studenti di vivere e studiare per un periodo lungo all’estero. Secondo le stime calcolate da Ipsos, quest’anno a partire sono stati in 7.400 (due anni fa erano 7.300): ben il 111% in più rispetto al 2009, anno in cui sono iniziate le rilevazioni dell’Osservatorio. Potendo scegliere, studenti e famiglie preferiscono il classico anno scolastico all’estero, per vivere appieno l’esperienza formativa sia dal punto di vista curriculare che quello umano.

Le destinazioni preferite continuano a essere quelle anglofone, principalmente gli Stati Uniti (meta scelta, a detta dei Presidi dal 38% dei ragazzi) e il Regno Unito (13%).

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