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"Diffondevano materiale jihadista": fermati due egiziani e un algerino in blitz tra Savona, Milano e Torino

27 ottobre 2016 | 08.26
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Immagine d'archivio (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)
Immagine d'archivio (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)

Operazione del Ros nelle province di Savona, Milano e Torino. I carabinieri hanno eseguito a Finale Ligure (Savona), Cassano d’Adda (Milano) e Torino tre decreti di fermo emessi dalla Procura Distrettuale Antiterrorismo di Genova nei confronti di altrettanti indagati, di cui due di nazionalità egiziana e uno algerina, ritenuti responsabili del delitto di cui all’art. 270 bis del c.p. (associazione con finalità di terrorismo internazionale). Un quarto soggetto, pure destinatario di analogo provvedimento restrittivo, risulta invece attualmente irreperibile all’estero.

Le indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dal sostituto procuratore Federico Manotti, hanno consentito di individuare un gruppo egiziano, organizzato su base familiare e stanziato tra la Liguria e la Lombardia, che sul web si occupava di diffondere materiale jihadista e di instradare combattenti dal nord Africa in territorio siriano (e anche in Libia) per conto del sedicente Stato Islamico (Daesh).

Allo scopo di dissimulare l’adesione all’ideologia più radicale taluni indagati, spiega una nota dei carabinieri, avevano peraltro volutamente conformato il proprio atteggiamento e le proprie abitudini in modo tale da evitare riferimenti anche solo velatamente religiosi o di appartenenza al mondo islamico.

L’opera di propaganda e proselitismo, continua la nota dei militari dell'Arma, era svolta esclusivamente sulla rete non solo mediante canali riservati ma ricorrendo a pseudonimi e account fittizi, anche sui più diffusi social media. Il materiale divulgato a numerosi contatti era in parte direttamente ottenuto da al-Hayat Media Center, organo di propaganda ufficiale dell’autoproclamato Stato Islamico.

I servizi di monitoraggio hanno permesso di documentare la condivisione in via riservata del giuramento di fedeltà (bay’ah) al califfo Abo Bakr Al Baghdadi, poi pubblicato in chiaro sulla piattaforma Facebook da un altro indagato. La formula ricalca, con alcune opportune varianti, il testo già emerso in altri contesti investigativi.

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