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Colpo di scena Garlasco, "nuovo sospettato per l'omicidio di Chiara"

19 dicembre 2016 | 14.38
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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C'è un nuovo sospettato per l'omicidio di Chiara Poggi: si tratta di una persona vicina alla giovane di Garlasco, un uomo il cui nome è già presente nelle carte dell'inchiesta che ha portato in carcere Alberto Stasi, allora fidanzato della 24enne uccisa nella sua villetta il 13 agosto 2007. E' quanto emerge nell'indagine parallela voluta dalla madre di Alberto e sostenuta dalla difesa del giovane, che deve scontare una pena a 16 anni per il delitto. In particolare, spiegano i legali Fabio Giarda e Giada Bocellari, le analisi difensive sono ripartite dai risultati della perizia svolta nel processo d'appello bis in cui, in particolare "sopra due unghie" della vittima sarebbe stato possibile identificare un profilo non riconducibile all'imputato.

Scarpe, bici e graffi: tutte le prove contro Stasi

E da quel Dna che un nuovo genetista, di cui i difensori decidono di non svelare il nome, riesce a far ripartire l'indagine: "Da quel Dna che non è di Stasi", si arriva al cromosoma Y, capace di identificare la linea paterna. "Il nuovo studio delle carte dell'inchiesta contro Alberto -spiegano i difensori - ci ha portato a indagare su un sospettato: per rispetto delle indagini non facciamo il nome. Siamo pronti a mettere a disposizione dell'autorità giudiziaria questi risultati. Credendo fortemente all'innocenza di Alberto vogliamo andare in fondo a questa strada".

Al nome del sospettato, la difesa arriva dando un incarico a un investigatore privato che riesce a 'recuperare' il Dna della persona - che vive nella zona della Lomellina - da un cucchiaino e da una bottiglietta d'acqua. L'analisi di quel Dna 'sospetto' viene confrontato con quello sulle unghie di Chiara e il risultato "è perfettamente compatibile". Un risultato a dire della difesa, "ripetibile" e con "valore scientifico". La difesa inoltre è pronta a chiedere alla corte d'appello di Brescia la riapertura del caso.

Presentata istanza di revisione - La difesa di Alberto Stasi ha quindi presentato alla procura generale di Milano istanza di revisione. Si tratta del primo passo per chiedere la revisione del processo che ha portato alla condanna in via definitiva. Secondo il codice di procedura penale a fare domanda di revisione possono essere "il condannato o un prossimo congiunto o il tutore o, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo congiunto oppure il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna". 

I legali di Stasi sono in attesa di una risposta da parte della procura generale chiamata a valutare se sulla base dei nuovi esami sul Dna trovato sulle unghie della vittima si possa 'riaprire' il processo. Eventualmente il nuovo dibattimento si svolgerebbe in un'aula della corte d'Appello di Brescia.

Legale famiglia Poggi - "Alberto Stasi resta il colpevole dell'omicidio di Chiara Poggi". Non ha dubbi Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, che sottolinea come questo elemento, se eventualmente utilizzabile in un'aula di giustizia, "non fa venir meno -spiega all'AdnKronos - tutti gli altri elementi contro Stasi": dall'impossibilità di sporcarsi le scarpe, camminando sul pavimento della villetta di via Pascoli, alle tracce sul dispenser del portasapone del bagno dei Poggi, dove si lavò l'assassino.

Le unghie di Chiara furono a lungo analizzate nell'ultimo processo contro l'imputato e nella perizia, realizzata a Genova alla presenza dei periti di parte, si arrivò alla conclusione che quel Dna non era attribuibile a nessun soggetto e che quel risultato "non era utilizzabile". Il fatto che i difensori di Stasi siano riusciti a dare un nome a quella traccia genetica, "lo hanno fatto in modo irrituale" - partendo da quei risultati visto che le analisi sulle unghie non si possono più eseguire - "non cambia gli elementi che ci sono contro Stasi", al massimo spiegherebbe "che c'era una seconda persona".

No comment dalla madre - "Nessun commento, per ora" dice la mamma di Chiara, Rita Preda, che preferisce non intervenire sulle novità del caso presentate dalla difesa di Stasi, condannato in via definitiva per l'omicidio della fidanzata 24enne, con cui i legali proveranno a far riaprire il processo. Insieme al marito Giuseppe e al figlio Marco, Rita Preda ha seguito ogni udienza di un processo che ha riservato più di un colpo di scena e che ha portato Stasi a una condanna a 16 anni di carcere per il delitto di Chiara. "Ho parlato con il nostro avvocato, ci sarà il tempo per approfondire tutto questo. Al momento non ho nessun commento da rilasciare", dice con voce serena interpellata dall'AdnKronos.

Dal 17 dicembre 2014, Stasi - il quale si è sempre dichiarato innocente - si trova dietro le sbarre del carcere di Bollate per scontare la sua pena. Già assolto in due gradi di giudizio con sentenze poi annullate dalla Cassazione, per lui la condanna è arrivata al termine di un processo d'appello bis.

Criminologo, risultato attendibile ma processo non si riaprirà - "Questo Dna potrebbe cambiare molte cose, e potrebbe portare al vero assassino" ma "gli elementi di novità non faranno riaprire il processo, in Italia è una cosa praticamente impossibile". Il criminologo Francesco Bruno commenta così all'AdnKronos la possibile clamorosa svolta nell'omicidio. "Mi aspettavo un risultato di questo genere, che per me è attendibile, ma mi aspettavo anche che questa svolta clamorosa avvenisse subito - osserva Bruno -. Trovo sospetto che un dato di questo genere non sia mai emerso: il tempo in questi casi è un cattivo consigliere. Io ritengo Stasi innocente fin dal primo momento, non ne ho mai dubitato neanche un minuto. Il suo materiale genetico sotto le unghie di Chiara aveva tutto il diritto di esserci, visto che i due erano fidanzati".

Il criminologo manifesta tuttavia scetticismo sull'ipotesi che si possa arrivare alla riapertura del processo: "In Italia i processi si chiudono in maniera inesorabile e non ritengo che in questo caso elementi di novità servano a farlo riaprire. Si dovrebbe fare, non c'è solo questo elemento, ci sono tante cose inesatte - denuncia - compresa la conclusione basata sul nulla o su ricostruzioni pretestuose. Si sono prese per buone ipotesi che un ragazzino di terza elementare troverebbe ridicole, e sulla base di quelle si è arrivati a sentenza definitiva e si tiene in carcere un innocente".

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