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Pino Maniaci: "Hanno voluto infangarmi per fermare le mie battaglie per la legalità"

19 gennaio 2017 | 11.41
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Pino Maniaci (foto AdnKronos)
Pino Maniaci (foto AdnKronos)

"Mi hanno voluto infangare per colpirmi, per fermarmi perché stavo smascherando tutte le malefatte della sezione Misure di prevenzione al Tribunale di Palermo. Ma nessuno riuscirà a fermarmi, e ora denuncerò tutte i misfatti della Sezione Fallimentare, dove accade di tutto". Pino Maniaci si difende. Il direttore di Telejato, famoso per le sue battaglie antimafia, è accusato di estorsione nell'ambito dell'indagine antimafia che un anno fa aveva portato in carcere dieci persone.

Prima di entrare in aula per la prima udienza preliminare per decidere sul suo rinvio a giudizio, Maniaci si sfoga con l'Adnkronos: "Mi hanno infangato, hanno fatto di tutto per gettare nel fango il mio nome e la mia televisione - dice - Ma non ci sono riusciti. Il loro progetto è andato in fumo. Anzi, adesso farò la mia battaglia sulla sezione fallimentare. E, sono certo, che si inventeranno qualche altra cosa per arrestarmi".

Ma chi vorrebbe fermare Pino Maniaci? "Basta andare a vedere le intercettazioni di Silvana Saguto", dice riferendosi all'ex Presidente delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo sotto inchiesta per corruzione: "Diceva che dovevo essere fermato - prosegue - affermando che avevo 'le ore contate'. Guarda caso dopo qualche mese si è abbattuto questo ciclone giudiziario su di me. Coincidenza? Non credo".

Maniaci ricorda poi un'altra intercettazione, questa volta di Walter Virga, anche lui coinvolto nell'inchiesta sulle misure di prevenzione. "Disse che 'cane non mangia cane' e che i giudici si difendono tra loro. E dovrei avere ancora dubbi?". Durante l'intervista Pino Maniaci è circondato da tre telecamere. "Sono inglesi - dice sorridendo - e stanno facendo un documentario su di me. Mi seguono ovunque per filmare la mia vita". Effettivamente i tre cameraman lo seguono passo dopo passo, gli chiedono di passeggiare con il suo legale, l'ex Pm Antonio Ingroia, o di salire le scale del Tribunale.

Il giornalista finito nel ciclone ribadisce più volte di non avere "nulla da rimproverarsi". "Rifarei tutto quello che ho fatto, tutto, niente escluso".  Maniaci dovrà difendersi nell'udienza preliminare, dall’accusa di aver chiesto con insistenza soldi ai sindaci di Borgetto, Gioacchino De Luca, e Partinico, Salvo Lo Biundo. A Maniaci viene contestato anche di aver imposto a un assessore di Borgetto l’acquisto di duemila magliette col logo della sua emittente.

Maniaci è accusato, in particolare, di avere chiesto una 'tangente' da quasi 400 euro al sindaco di Borgetto, "minacciando", dicono i Pm "di iniziare un attacco sistematico all'amministrazione attraverso la sua TV". "Ma quale tangente - dice lui sorridendo - erano 366 euro, più Iva, per una pubblicità. Questa somma le sembra una tangente?".

Se la prende anche con la stampa Maniaci: "Si è appiattita solo sulla posizione della Procura e dei carabinieri - dice - e poi la grande stampa, quella nazionale, mi ha abbandonato. E in un minuto tutti si sono dimenticati le decine di battaglie per la legalità che ho fatto negli ultimi anni".

Alla domanda se non ha nulla da recriminare o di cui pentirsi, Maniaci dice: "Assolutamente no. Su sette minuti di video diffuso dai Carabinieri, sei minuti riguardano la mia vita privata". Maniaci attacca infatti, nelle intercettazioni l'ex premier Matteo Renzi, ma critica anche i premi che ha ricevuto: "La mia vita privata è privata, quelle sono minchiate. Dovevo essere messo alla gogna".

"La cosa più dura da mandare giù è il fatto che il mio nome è stato accomunato ai mafiosi. Perché mettermi con quelle persone?". E annuncia che la sua posizione sarà "certamente stralciata". "Io non sono un santo - conclude Maniaci prima di entrare in aula - ma le battaglie che ho fatto sono tutte vere. E nessuno mi fermerà".

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