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Fedeli in fuga dal confessionale, non basta l''effetto Francesco'

04 febbraio 2017 | 14.15
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(Fotogramma)
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Fedeli in fuga dal confessionale e il 'Padre mi assolva dai peccati' va in picchiata. Una debacle che va avanti "da mezzo secolo con punte drammatiche" nei giorni nostri, afferma il sociologo Massimo Introvigne, fondatore del Centro Studi sulle Nuove Religioni. "La diminuzione del numero di persone che si confessano è una freccia verso il basso che non si è più fermata da cinquant'anni - osserva all'AdnKronos Introvigne -. Quello che nel 2013 ribattezzai come 'effetto Francesco' esiste ma non è diffuso ovunque. Se infatti una metà di parroci interpellati all'epoca aveva riscontrato un aumento delle confessioni, l'altra metà aveva dato giudizio opposto. Il punto è che esistono bravi confessori ma questi non sono la maggioranza".

L'allontanamento dal confessionale, spiega Introvigne, è un fenomeno che chiama in causa in particolare il mondo occidentale: "In Occidente la stragrande maggioranza di fedeli non si confessa in assoluto. Il Papa ricorda sempre che la confessione è fondamentale per la vita dei cristiani e dice con altrettanta frequenza che il prete in confessionale non deve essere un 'bastonatore'. Serve un maquillage, occorrono maestri dell'accompagnamento alla vita e su questo aspetto c'è da lavorare parecchio".

Il sociologo, che studia le altre confessioni, racconta un esempio che ha del paradossale ma che rappresenta bene lo stato delle cose: "nella Chiesa di Scientology si fanno colloqui che somigliano molto alle confessioni. Si paga per accedere a questi colloqui, eppure c'è sempre la coda. La confessione nelle nostre chiese è gratuita, eppure c'è il deserto. In realtà, se la confessione fosse un colloquio aperto ed affettuoso, probabilmente avrebbe più appeal presso i fedeli".

Tra chiese chiuse, preti che vanno di fretta, dovendosi dividersi tra più parrocchie, c'è anche chi si trova a confessare i fedeli viaggiando in treno. "La verità - afferma don Sergio Mercanzin, già direttore di Russia Ecumenica - è che se un prete è disponibile, la gente va, si sfoga, trova un conforto. Per la confessione occorrono due persone per cui, privacy permettendo, si possono curare le anime anche a bordo di un treno, in un parco, al bar. Ciò che importa è saper ascoltare e dare un conforto".

Incalza Introvigne: "Il Papa ha un compito immenso: la confessione fa parte del dna della Chiesa ma ha bisogno di un maquillage. La gente in Occidente non si confessa più perché in pochi vanno a messa e perchè si tratta di rappresentare la confessione in modo più affascinate".

Introvigne, che va spesso negli Usa e quindi conosce da vicino anche la situazione americana, racconta che ci sono preti che confessano fedeli anche solo "una o due volte all'anno". Nonostante il quadro poco confortante, il fondatore del Cesnur non crede ai processi inevitabili: "Non parliamo di un tuffo nell'abisso. Per risalire bisogna dare qualche bracciata. Che poi è l'invito costante del Papa quando invita i confessori ad essere delicati e paterni" per non fare vivere, a chi sceglie di riavvicinarsi a Dio attraverso il sacramento della riconciliazione, un' esperienza simile ad una "sala di tortura".

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