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Caccia all'uomo, il precedente del 'Lupo' Liboni

10 aprile 2017 | 11.18
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Immagine d'archivio (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)
Immagine d'archivio (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)

di Fabiano De Micheli

Caccia senza sosta delle forze dell'ordine nei confronti di Igor Vaclavic. L'uomo è sospettato di aver ucciso sabato un guardiapesca volontario, Valerio Verri, 63 anni, e ferito gravemente un agente della Polizia Provinciale, Marco Ravaglia, 53 anni, che si erano imbattuti in lui per un controllo nel Mezzano.

Detto 'Il russo' - ma in realtà sarebbe di origine slava - è sospettato anche per l'omicidio di Davide Fabbri, il barista di Budrio freddato due settimane fa nel suo bar-tabacchi durante un tentativo di rapina.

Una fuga e una ricerca che riporta alla memoria quella che ha visto impegnati carabinieri e polizia dal 22 luglio 2004 nei confronti di Luciano Liboni, ricercato in quei giorni di 13 anni fa in tutta Italia per l'omicidio dell'appuntato dell'Arma dei carabinieri pesarese, Alessandro Giorgioni.

Era il 31 luglio quando, intorno a mezzogiorno, nei pressi del Circo Massimo, a Roma, i carabinieri si rivolgono ad un uomo, chiamandolo 'Luciano...'. Lui si volta dopo qualche passo e per i militari è la conferma: è 'Il lupo'. A quel punto, gli spari: tre colpi rivolti ai carabinieri e ai vigili urbani. Uno dei militari li schiva, l'altro si fa scudo con la moto.

Liboni vede una famiglia di turisti francesi e si fa scudo con una donna. ''Tanto sono morto, li uccido'', urla. Poi fugge. E spara ancora, un quarto colpo. Questa volta le armi dei militari rispondono, 'Il Lupo' viene colpito alla testa. Ricoverato in gravissime condizioni all'ospedale San Giovanni, dopo essere entrato in sala operatoria, alle 14:50 il suo cuore cessa di battere.

A cambiare le sorti della fuga del latitante è una donna: verso le 11:25 del 31 luglio, dalle parti di via Petroselli, una passante romana sui 50 anni, insospettita da un uomo che somiglia alla persona segnalata, avverte infatti due vigili urbani, Ivan Bianco e Giorgio De Angelis, impegnati in un pattugliamento in vista del concerto di quella sera al Circo Massimo di Simon & Garfunkel. I due agenti della municipale, dopo essersi avvicinati a Liboni, allertano la pattuglia di carabinieri motociclisti formata dal brigadiere Angelo Bellucci e dall'appuntato Alessandro Palmas.

Liboni ha un aspetto un po' diverso rispetto alle foto che erano state diffuse in quei giorni: si è rasato, rispetto alle foto segnaletiche, lasciando la barba incolta, senza più pizzetto, né occhiali da vista. I due militari dell'Arma avvicinano il sospetto, dividendosi ai lati della strada.

Sono da poco passate le 11:35, il 'Lupo' ha ormai raggiunto la zona di viale Aventino. Palmas si avvicina ulteriormente e lo chiama ad alta voce: ''Luciano, Luciano''. L'uomo continua a camminare senza voltarsi. Poi, dopo qualche passo, si gira improvvisamente ed esplode i tre colpi di pistola.

Palmas esplode un colpo in aria per il timore di coinvolgere nella sparatoria dei passanti. A quel punto Liboni raggiunge un chiosco che vende fette di cocomero nel quale, in quel momento, si trovano alcuni turisti: sceglie una famiglia francese - padre, madre e tre figli - trascina via una donna sottobraccio, minacciando di ucciderla e spara altri due colpi.

Liboni si rende conto di avere nella canna della sua pistola, un revolver 'Renato Gamba' 357 magnum, soltanto un proiettile, decide allora una mossa disperata, nella convinzione che se uno dei due carabinieri verrà colpito, l'altro si fermerà a prestargli soccorso lasciandogli qualche possibilità di fuga. Allunga quindi il braccio per prendere la mira in direzione di Palmas ed è a quel punto che Bellucci aziona improvvisamente la sirena d'allarme della motocicletta.

Il diversivo ha successo, Liboni rimane sorpreso per qualche secondo e colto alla sprovvista getta in terra la donna: sono gli attimi decisivi che consentono all'appuntato Palmas di lanciarsi contro il 'Lupo' sparando due colpi (uno dei quali lo colpisce nella zona del collo) e immobilizzandolo a terra fino all'arrivo dell'ambulanza che lo trasporta all'ospedale San Giovanni.

Liboni era latitante dal 2002 con l'accusa di tentato omicidio. Le tappe della vicenda:

19 FEBBRAIO 2002 - E' il giorno in cui inizia la latitanza. Liboni spara, ferendolo gravemente, contro un benzinaio di Todi di 38 anni, Fausto Gentili, che nota l'uomo a bordo di una Polo bianca rubata qualche giorno prima ad una amica. Il benzinaio, che viaggia alla guida di una Audi Avant, con a bordo la compagna e la figlia, avverte il 113 e si mette a seguire la Polo per cercare di non perdere di vista il malvivente. Improvvisamente le due auto si trovano una affianco all'altra e l'uomo a bordo della Polo spara un colpo di pistola sfiorando la donna e colpendo alla testa Gentili. La Polo riusce a fuggire e l'auto viene ritrovata in fiamme qualche giorno dopo in un parcheggio di Perugia.

MARZO 2002- Un mese dopo il ferimento di Gentili, in una strada affollata di Civitavecchia, Liboni, ricercato per tentato omicidio, non risponde all'alt di due finanzieri e comincia a sparare contro di loro, fuggendo. Il giorno seguente prende in ostaggio un uomo e lo costringe a condurlo fino a Roma, per poi far perdere ancora una volta le sue tracce alle forze dell'ordine.

LUGLIO 2002- Alle porte di Roma Liboni spara due colpi contro un carabiniere che gli chiede i documenti: un proiettile colpisce il cofano dell'autovettura mentre un altro raggiunge di striscio il militare. Luciano Liboni è ritenuto anche il responsabile di numerose rapine a danno di uffici postali e banche, attraverso le quali riesce a mantenersi durante il periodo di latitanza.

DICEMBRE 2003 - Liboni, soprannominato dalle forze dell'ordine 'Lupo solitario', viene bloccato a Praga, dopo aver esibito alle forze dell'ordine un documento risultato falso. Rimane in carcere per quattro mesi ma quando l'interpol avverte le autorità italiane del suo arresto, nel frattempo, è già tornato in libertà.

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