Non solo 'Blue Whale'. La macabra sfida autolesionistica condotta via web non è infatti né il primo né l'unico caso di 'gioco dell'orrore'. Fenomeni simili, ovvero 'giochi' composti da sfide che portano spesso al suicidio, esistevano infatti anche prima dei social network.
"Choking game”, “blackout game" o “scarf game”. Sono questi alcuni dei nomi che comparivano in un articolo del Washington Post di quasi 10 anni fa. Era infatti il febbraio del 2008 quando il quotidiano statunitense parlava di "almeno 82 giovani morti nello "choking game” a partire dal 1995". Il gioco - letteralmente "gioco del soffocamento" - consiste nello strangolare se stesso o qualcun altro usando le mani o una corda, in modo da raggiungere il più velocemente possibile uno "stato di euforia".
"Quasi il 96 per cento dei giovani è morto mentre si trovava da solo, e il 93 per cento dei genitori ha detto di non essere a conoscenza del macabro gioco di cui erano vittime i loro figli" . Queste le parole di Robert L. Tobin del National Centre for Injury Prevention and Control degli Stati Uniti, riportate al tempo sul Washington Post. "L'età più a rischio va dai 6 ai 19 anni, con una media di 13, e ad essere coinvolti sono soprattutto maschi." Molti tratti in comune con il 'Blue Whale', quindi. Un mix di euforia ed eccitazione incomprensibili le cui vittime sono ragazzi giovanissimi.
"Giochi simili sono stati probabilmente praticati per generazioni" – aggiungeva il ricercatore americano. Tant'è che, seppure riportati ufficialmente dai media dal 1995, dall'articolo emergeva il sospetto che alcuni casi potessero risalire addirittura agli anni '70. "Quel che è nuovo è che vengono praticati in solitudine e i metodi usati aumentano i fattori di rischio e la probabilità di morire."